Malloreddus, contest e ritorni.

Appena mi ricorderò di chiedere a Nonna come si chiama quel cestino con i bordi perpendicolari al fondo, fatto di vimini, che mi ha regalato scettica, aggiornerò questo post.
Bel modo di tornare, facendo finta di nulla. Ma sbaglio o l’ultimo post è di gennaio!?
No, non ci siamo nutriti di bacche e tuberi, nel frattempo. Ci è anche scappata qualche ricetta carina. E ieri ho chiesto a Fidanzato, mentre preparavo la cena: “Ti mancava la macchina fotografica prima di cena, puntata sul tuo piatto fumante?” Ha fatto finta di dormire, ma io lo so che non gli mancava per nulla.

Il fatto è che la Nostra CescaQB Nazionale ha promosso un contest interessantissimo per i feticisti della zucca.
Il fatto è che io mi sono scoperta feticista della zucca, ahimè, con grande tristezza da parte di Fidanzato, che la trova insignificante e insapore.

Quindi in questi giorni mi sono addormentata contando le zucche che saltavano la staccionata, e alla fine mi è venuta l’illuminazione: un piatto tradizionale rivisitato.

Senzanome

I malloreddus, che i non isolani conoscono come gnocchi sardi. Non dite a Nonna come ho rivisitato la sua ricetta.
Lei, purista, solo farina di semola di grano duro, acqua e sale. Come condimento quello campidanese tradizionale: salsa di pomodoro, salsiccia e, sua tocco personale, zafferano di quello buono.

Io, zucca. Succo di zucca tiepido, semola di grano duro, zafferano di quello buono e sale nella pasta. Come condimento, purea di zucca, panna di riso (fatta con olio di girasole, ho letto gli ingredienti, come mio solito!) e porcini.

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Malloreddus a tutta zucca, porcini e zafferano.

Ingredienti (3-4 persone).

Per i malloreddus.
250 g di farina di semola fine
100 g ca di succo di zucca
5-6 pistilli di zafferano
1 pizzico di sale

Per il condimento.
2 cucchiai di olio EVO
brodo vegetale qb
1/4 di cipolla bionda
3 cucchiai di funghi porcini essiccati, tagliati in piccoli pezzi
noce moscata qb
250 g di polpa di zucca cotta al vapore
125 ml di panna di riso
sale qb

Procedimento.

Per prima cosa ho preparato i malloreddus. L’impasto va lavorato per almeno 20 minuti e poi lasciato riposare un paio d’ore, per evitare che si appiccichi al cesto di vimini.
Ho cotto la zucca fatta a tocchetti al vapore e ne ho prelevato la polpa e schiacciata con una forchetta. Poi, con un colino, ho filtrato per bene il succo. Ho poi prelevato due cucchiai di questo succo e li ho messi in una tazzina con lo zafferano, coperto con un piattino e lasciato riposare per una decina di minuti.
Ho disposto la farina e il sale sulla spianatoia, incorporato per prima il succo di zucca con lo zafferano, poi, pian piano, il resto del succo, sino a quando non ho ottenuto un impasto liscio e non appiccicoso. Ne ho fatto una palla che ho lasciato riposare all’interno di un recipiente, con un panno pulito sopra per circa due ore.
Passato il tempo di riposo, ho prelevato la palla e ho creato tanti piccoli serpentelli, dai quali ho tagliato tanti tocchetti di pasta da schiacciare sul cesto di vimini col pollice per creare i malloreddus. Li ho fatti riposare per tutto il pomeriggio, scuotendo ogni tanto il cesto.

Quando i malloreddus mi sono sembrati abbastanza asciutti, ho messo sul fuoco una pentola con abbondante acqua salata e ho fatto bollire. Nel frattempo ho preparato il condimento.
In una padella ho messo l’olio e due cucchiai di brodo, la cipolla tritata finissima, la noce moscata e i porcini e ho lasciato stufare per un po’, sino a quando i porcini e la cipolla non si sono ammorbiditi per bene. In una scodella ho mescolato insieme purea di zucca,panna di riso e sale, poi ho aggiunto il composto nella padella e ho lasciato cuocere per altri 5 minuti.
Ho buttato i malloreddus nell’acqua bollente e dopo 15 minuti li ho scolati.
Ho messo nuovamente sul fuoco il condimento e ho fatto saltare per circa 3 minuti i malloreddus. Ho impiattato e servito con una spolverata di trito di mandorle, pistacchi, noci e lievito alimentare in scaglie.

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Con questa ricetta partecipo al contest di Cesca:

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Pasta a risotto ajo, ojo, prezzemolo e peperoncino.

Eccomi: un felice anno nuovo a chi capita di qua intenzionalmente (a.k.a. recidivi) o casualmente.
Va bene, sarò sincera. Non amo le feste: diciamo, più che altro, che ne approfitto per augurare cose buone e belle alle persone a cui tengo.
E per sfogare la mia voglia irrefrenabile di produrre regalini da gustare.
Quest anno, come lo scorso anno, cookies di natale, confettura pere e noci con la variante di un tocco zenzeroso, caffè aromatizzati e i mitici cioccolatini di Katy, che non riuscivo a smettere di preparare. Dopo l’esitazione iniziale dovuta ai tempi lunghi di riposo, ho cominciato a variare e personalizzare la meravigliosa Katy-ricetta, producendoli in serie e alternando l’appallottolamento all’incioccolatamento, se mi si passa la licenza poetica.
Sono stati apprezzatissimi, anche in ufficio. Se ancora non l’avete fatto, cosa aspettate a provarli!?
Attenzione: durante la latitanza ho ricevuto ben due premi.
Ringrazio moltissimo Nadir e Alessandra che mi hanno conferito il Sunshine Award 2013 e la bellissima Bibi che mi ha consegnato il premio Cutie Pie. Ragazze, grazie di cuore! Accetto i premi ma non continuo la catena perchè devo concentrarmi su una nuova scoperta. Spero che mi perdonerete.

E veniamo dunque alla nuova scoperta. L’anno nuovo, oltre ad un simpaticissimo odore pungente di griglia fra i capelli, mi ha lasciato anche la voglia di spaghetti aglio e olio.
E’ successo così: cenone di S.Silvestro, millecinquecentoventisette diversi tipi di antipasti. La prima portata prevista per i ‘diversi’ era la pasta aglio e olio, ma mi son sentita così piena da rifiutare e passare direttamente al secondo (torta di funghi e patate preparata dalle mariarosamanine di Fidanzato).
Mi sono trovata poi, incastrata tra i fornelli e la baraonda di bambini fuori controllo, obbligata a far saltare gli spaghetti degli altri ‘diversi’ e ad annusarne il profumo. Ed ecco che il primo dell’anno, a pranzo, mi viene voglia di un piatto di spaghetti aglio e olio. Così.
Ma il primo, a pranzo, si mangiano gli avanzi. E così via, sino a ieri sera.

Torno dalla palestra, affamatissima. Sfogliando la collana Academy Chef de la Repubblica ho trovato nel volume dedicato alla pasta secca una meravigliosa ajo e ojo risottato dello chef Adriano Baldassarre, che ringrazio pubblicamente per non aver cercato di stupire con ingredienti animali e per avermi fatto scoprire questo tipo di cottura. Riporto, dal libro:

“[…]La cottura della pasta a risotto[…]è un metodo di cottura della pasta analogo a quello utilizzato per la preparazione di un risotto. La pasta viene appena sbollentata per 2-3 minuti, messa nel recipiente di cottura del sugo, e lì fatta cuocere con il sugo o l’acqua di cottura della pasta, aggiunta di volta in volta in piccole quantità, fino al suo completo assorbimento.
Con questo metodo, la pasta risulta di certo più saporita, perchè non assorbe l’acqua ma il brodo (o l’acqua di cottura in cui sono sciolti gli amidi) e i grassi del sugo. Gli ingredienti del sugo possono essere già tutti presenti nel tegame al momento in cui si aggiunge la pasta, o incorporati più tardi se necessitano di cotture più veloci.
La durata della cottura di una pasta a risotto è più o meno la stessa della cottura in acqua, solo un paio di minuti in più.[…]”

Finita la lezione, veniamo alla ricetta, che ho solo leggermente modificato, aggiungendo un trito di mandorle, sale, pinoli e lievito in scaglie a fine cottura. E utilizzando del prezzemolo che avevo in freezer, già tritato. La ricetta originale prevede una guarnizione di prezzemolo fritto. Il prezzemolo del vaso, porello, non vorrei dire che ha tirato le cuoia perchè gli voglio bene, ma l’ho detto.

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Ingredienti per 2 persone.

1 manciata di mandorle sgusciate
1 cucchiaino di pinoli
1 pizzico di sale
1 cucchiaino di lievito alimentare in scaglie
3 denti d’aglio belli cicciotti
1/2 peperoncino secco
5 bicchieri d’acqua circa
220 g (abbondate!) di spaghetti integrali
3 cucchiai d’olio
2 cucchiai di prezzemolo tritato
sale QB

Procedimento.

Per prima cosa mettiamo le mandorle, i pinoli, il sale e il lievito alimentare in un macina caffè o in un mixer e tritiamo sino ad eliminare ogni pezzo grosso di frutta secca.

Sbucciamo i denti d’aglio, lasciandoli interi, con la punta di un coltello eliminiamo i semi dal mezzo peperoncino e mettiamo tutto(i semi no!!!) in una padella, coprendo con l’acqua e lasciando stufare per 7 minuti dall’inizio del bollore.

Nel frattempo mettiamo  in un padellino 3 cucchiai d’olio che faremo scaldare a fiamma bassa e, appena caldo, versiamoci il prezzemolo tritato, lasciandolo friggere per massimo 1 minuto.

Buttare gli spaghetti dentro la padella, senza spezzarli, ma curvandoli appena cominciano ad ammorbidirsi. Devono cuocere appena coperti d’acqua, perciò rimuovere quella in eccesso con un mestolo e metterla da parte per l’eventuale mantecatura.

Trascorso il tempo di cottura, assaggiare gli spaghetti e, quando sono quasi al dente, eliminare quasi tutta l’acqua, aumentare la fiamma, aggiungere l’olio col prezzemolo e un cucchiaio del ‘parmigiano veg’ preparato all’inizio.

Saltare la pasta per 1-2 minuti, aggiustare di sale (per noi, 2 prese scarse) e servire caldissimo, guarnendo con altro ‘parmigiano veg’.

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Hummus di zucca.

In realtà mi serviva una scusa per riaffacciarmi nei vostri mondi, così ho pensato di fare finta di aver scoperto chissaché.
Però diciamocelo: questo hummus, o spalmabile di zucca che dir si voglia, è veramente delizioso. L’abbiamo mangiato con del pane pita appena sfornato e un’insalatona per cena. E poi a pranzo, il giorno dopo, in ufficio, di nuovo con la pita avanzata e dei piccoli wurstel di seitan. E’ da provare, soprattutto se state sperimentando qualche ricetta veloce e appagante per sfamare i vostri cari nei prossimi giorni.
E se avete raccolto le olive per fare un olio verdissimo, saporitissimo e che profuma di gesti genuini, dovete assolutamente usarne un po’ per condire il vostro hummus, come abbiamo fatto noi.

Un appello ai cervelloni che realizzano cose come questa: ma pare scortese dedicarsi ad alleviare le pene e le sofferenze degli accaniti pulitori di zucche!? Se già avete brevettato qualcosa, perché non ce ne date notizia!? Davvero potete continuare a dormire sonni tranquilli avendo sulla coscienza persone con le dita distruttte da questo logorante lavoro? Pensateci! Il mondo dei fan della zucca ha un disperato bisogno di voi!

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Ingredienti.

500 g di zucca pulita e tagliata a tocchetti
1 cucchiaino di maggiorana secca, tritata
1 cucchiaino di foglie d’alloro secche, tritate
3 piccoli rametti di rosmarino fresco
2 spicchi d’aglio
2 cucchiaini generosi di tahina
3 cucchiai di olio evo
1 cucchiaio di semi di zucca tostati e sgusciati
1 cucchiaino di semi di sesamo
1 manciata di noci del brasile (vanno bene anche le arachidi, le noci, le mandorle)
2 pizzichi di sale fino da cucina
una spolverata abbondante di cumino macinato
il succo di 1/2 limone
2 cucchiai di prezzemolo fresco tritato

a piacere: paprika dolce, pepe, peperoncino, prezzemolo fresco per la guarnizione

Procedimento.

Nell’acqua per la cottura al vapore versare la maggiorana e l’alloro. Nel cestello per la cottura mettere la zucca, uno spicchio d’aglio privato del germoglio e fatto a pezzetti.

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Cuocere per 10 minuti o sino a quando la zucca non risulta morbida.

Lasciar freddare la zucca e trasferirla nel contenitore lungo del frullatore ad immersione, quindi frullare insieme a tutti gli altri ingredienti, sino ad ottenere una crema liscia ed omogenea. Accompagnare con del pane e una bella insalatona di finocchi freschi e arance.

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Tortilla di patate (V)

La prima frase è sicuramente quella più difficile da scrivere, dopo tanto tempo. Ma senza rendertene conto l’hai scritta. E hai scritto anche la seconda e la terza. E continui a scrivere, un po’ come quando a scuola piegavi a metà per il lungo il foglio protocollo e rimanevi per un po’ con la penna per aria, rimuginando sulla consegna.
Sì, va bene. Avrei voluto scrivere un sacco di ricette e di post questa estate. Ma per poco tempo, stanchezza, pigrizia o dimenticando di fare le foto, alla fine non ho lasciato qui nemmeno un pensiero. E neppure sui blog che seguo (ma devo ammettere che non ho perso quasi nemmeno un post dei miei preferiti… commentare è un’altra cosa, ohibò!).
Siamo arrivati praticamente all’autunno, posso chiudere un’estate che non ho annotato con un post che contiene una zucchina? Mi sembra il minimo.
E a proposito di patate, siano sempre lodate.
E a proposito di tortilla, abbiamo un nuovo amico ed è catalano. Una volta gli abbiamo preparato la tortilla di patate di cui parlerò nel dettaglio più avanti. E se l’è spazzolata. Non ne è rimasto nemmeno un pezzettino. La ricetta originale proviene dal carinissimo blog di Hiulits. Io ho aggiunto solo qualcosa e ho accettato il consiglio del bicarbonato che, effettivamente, la lascia più morbida a fine cottura. Il nostro amico ci ha dato un consiglio per il taglio delle patate.
“Tu non debi tagliarle tutte uguali. Le debi tagliare a pezzi così ‘Flap Flap’, così esce la fecola di patate”.
A parte non aver ricevuto nessuna risposta alla domanda ‘La fecola di patate esce già in polvere?’, cosa che un po’ mi ha indisposto, la traduzione del ‘Flap Flap’ è impossibile. Il suono è stato accompagnato da un gesto di mano che prende una patata, mano che prende un coltello, si avvicinano e il coltello taglia pezzi irregolari di patata. Così ho fatto, ed effettivamente le patate si appiccicano molto meno in cottura: non essendo regolare la superficie del taglio, c’è una possibilità più bassa che due pezzi aderiscano. Ma sulla fecola non so dare spiegazioni. Dalla prova empirica ho solamente dedotto che no, la fecola non esce in polvere.


Ingredienti.

2 grosse patate (600 g circa)
1/2 cipolla rossa (60 g circa)
1/2 cipolla bianca (60 g circa)
1 spicchio d’aglio (7 g circa)
1 piccola zucchina (60 g circa)
4 cucchiai di farina di ceci (75 g circa)
4 cucchiai di farina di mais (75 g circa)
2 cucchiaini di bicarbonato di sodio (10 g circa)
2 cucchiaini di sale (7 g circa)
16 cucchiai di acqua fredda (200 g circa)
1 bustina di zafferano
10 cucchiai di olio d’oliva

Procedimento.

In una padella abbastanza alta e capiente mettere a scaldare l’olio, su un fornello di medie dimensioni, a fiamma bassa.
Pelare le patate e tagliarle a pezzi irregolari non troppo spessi (la parte più spessa deve essere grossa massimo 5 mm).


Versare le patate nell’olio caldo e lasciar friggere, spadellando di tanto in tanto, per circa 10 minuti.


Nel frattempo tagliare a piccoli pezzi le cipolle e la zucchina, scamiciare lo spicchio d’aglio e tagliarlo a metà, privandolo del germoglio interno.


Setacciare in una ciotola le due farine, lo zafferano e il bicarbonato, aggiungere l’acqua man mano, mescolando con una frusta sino a quando si sarà formata una pastella un po’ densa. Mettere in frigo a riposare.


Aggiungere la cipolla, l’aglio, la zucchina e il sale alle patate in cottura e lasciar cuocere sino a quando la zucchina si sarà leggermente ammorbidita e le cipolle saranno un po’ dorate. Mescolare, di tanto in tanto.
A cottura ultimata, scolare dall’olio le verdure, eliminare lo spicchio d’aglio e lasciar raffreddare.


Unire alla pastella, in modo che questa ricopra per bene tutte le verdure.
Ungere una padella con un po’ dolio e, appena calda, versarci dentro il composto, compattandolo con una spatola dai bordi verso il centro.

Lasciar dorare bene da entrambi i lati. Per girare la tortilla si può usare un coperchio di pentola con un diametro leggermente più piccolo di quello della padella.

Servire tiepida. La sottoscritta l’ha gustata con della buona confettura di pomodoro, basilico e vaniglia, mentre chi ha problemi di comunicazione coi pomodori l’ha accompagnata con della salsa yogurt-senape.

 

Prima di salutarvi vorrei segnalare un’iniziativa carinissima: il 7 ottobre è l’International Tulip Guerrilla Gardening Day. Piantiamo bulbi di tulipani in giro per le città? Io ho già preso di mira il triangolino di terra che c’è nel mio condominio!

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Incontri e cestinetti di frolla ripieni di crema vegan di Dona.

Mi si perdoni la sparizione, ma ogni tanto mi prende così.
Quel senso di pigrizia passeggero che si protrae anche per un mese. Lo scatto della coscienza che dice ‘E mò basta!’, si alza dal divano, fa una cosa molto velocemente e poi ci si riaccascia di nuovo, come se nulla fosse accaduto.
Sono stati giorni di viaggi, di gare, di foto, di orto, di serie televisive. Chi non ha mai visto ‘Mad Men’? Rischiando anche di spoilerare un po’, vi dico solo che è quella serie americana ambientata negli anni ’60/’70 che racconta la vita di un’agenzia di pubblicitari che trombano come ricci.
C’è di più, chiaramente, ma la frequenza e le situazioni improponibili pensate dagli sceneggiatori per fare accoppiare i personaggi, in particolar modo il protagonista, sono quasi imbarazzanti.
Però è una bella serie televisiva, curata nei dettagli dell’ambientazione: io e Fidanzato siamo rimasti bloccati in un campo di forza situato tra il divano e il televisore per settimane, andando a dormire tardissimo, trascurando blog e letture varie, solo per vedere che senso avrebbe preso la trama.

E quindi eccomi qua, con una ricetta di quasi un mese fa. Era pronta da pubblicare, eh.
Poi avvenimenti imprevisti hanno preso la meglio sulla mia voglia di condivisione ed eccoci qui.

Fortunatamente (o stranamente) ho segnato tutto. Ma se anche non avessi segnato il necessario, l’idea è stata scopiazzata dalla ricetta della crostata pere e creme Vegan (che io leggo con accento francese chic) postata da Dona, tempo fa.

Per la frolla alle nocciole.
Ingredienti.

90 g di nocciole
40 g di olio EVO
40 g di acqua
90 g di farina
30 g di malto di riso
20 g di zucchero di canna
scorza di un’arancia bio
1 cucchiaino di estratto di cardamomo e vaniglia
1 pizzico di bicarbonato di sodio
1 pizzico di lievito per dolci

Procedimento.

Tritare in un mixer le nocciole, riducendole in una farina abbastanza grossolana. Unire tutti gli ingredienti in una ciotola, impastare fino a formare una palla compatta da lasciar riposare in frigo, coperta per mezz’ora.
I più fortunelli possidenti di stampini che consentono di creare le tartellette dovrebbero usare quelle, senza lamentarsi. Chi, come me, è sempre poco dotato di attrezzi utili, potrà arrangiarsi con gli stampini mignon per muffins, stendendo la sfoglia alta circa 5 mm e ritagliando con uno stampo da biscotti tondo tante piccoli cerchi.
Posizionare uno stampino al centro del cerchio di pasta e sollevare i bordi di quest’ultimo cercando di farli aderire alle pareti dello stampino, creando un piccolo cestino. Capovolgere su una placca da forno e cuocere in forno caldo a 190° C per circa 20 minuti, o sino a che non si sono “abbronzati” un po’. Sfornare, staccare gli stampini e lasciar raffreddare.

Nonostante il lavoro certosino nel farli abbracciare agli stampini da muffins, i miei cestinetti sono venuti fuori un po’ strani.

Gli ingredienti per la crema sono gli stessi della ricetta di Dona, solo che  ho dimezzato le dosi, dovendo fare solo la crema al cioccolato.
Non essendo dotata neppure di sac à poche, ho preso un sacchetto per il freezer e l’ho riempito con la crema, tagliato uno degli angoli e riempito tutti i cestinetti. Non credete a chi vi dice che essere Macgyver è fico: non è così. Almeno, non con i miei sacchetti da freezer.

Terminato di lanciare maledizioni contro i sacchetti da freezer ho preso una banana ben matura, una confezione di fragole,mezzo limone e due scodelline. Ho spremuto il limone e aggiunto al succo un po’ di zucchero (assaggiare!) e l’ho diviso nelle due scodelle: in una ci ho messo le fragole tagliate a pezzetti, nell’altra la banana. E’ per non far ossidare la frutta ed evitare che le banane diventino nere quando, alla fine della cena, si tira fuori il dolce.

Il post non è finito qua. Cosa faccio? Sparisco e poi vi ammorbo!?
Certo che sì.

Sono appena tornata da un fantastico viaggio a Firenze con Fidanzato. Io e Fidanzato ogni volta che visitiamo un posto che ci piace diciamo che ci andremo a vivere in un determinato momento della nostra vita. Chiaramente non lo facciamo mai, ma se volete una dichiarazione d’amore per un posto particolare l’avrete quando ci sentirete dire una frase del tipo ‘Verremo a vivere qua quando mi crescerà il dente del giudizio in alto a destra’, per esempio.

Se doveste passare per Firenze, dovete assolutamente fare un pasto abbondante da Dolce Vegan. Cheesecake ai frutti di bosco e parmigiana vegan sono senza dubbio da non perdere.
E se siete nei pressi di piazza Santo Spirito, fermatevi all’Osteria Santo Spirito a gustare la loro ribollita servita in porzioni abbondantissime e gustose. O la panzanella. O gli spaghetti alla chitarra con pomodoro e basilico. O la minestra di farro. Tutto assolutamente speciale e abbondante (una porzione soddisfa due mangioni).

Firenze ci ha sconvolti con la sua bellezza e con la bellezza dei paesini vicino. Noi, in realtà, abbiamo visitato solo Fiesole col suo monastero che ci ha fatto venir voglia per 5 minuti buoni di prendere i voti, e Pozzolatico con la sua Sagra del Seitan. E proprio qui abbiamo passato un po’ di tempo con la mitica coppia Cesca QB*LOVE*Uomo Alfa.

Finalmente.

E stare in loro compagnia è stato davvero un piacere, davvero. E’ stato come incontrare qualcuno che non si vedeva da tanto tempo. In realtà è stato proprio così.
Io passo molto tempo ad immaginare come andranno le cose. Tipo: l’arrivo in un locale in cui c’è un concerto, l’arrivo all’appartamento in cui dovrò alloggiare durante un viaggio, l’incontro con una ragazza che ha un blog divertentissimo e pieno di ricette meravigliose. Cose così. Capita che pensi – che so – alle sensazioni, alle emozioni, a volte anche alle cose da dire e da chiedere e ad eventuali momenti di silenzio. Sono una paranoica degli incontri e degli impegni che prendo con gli altri. A volte azzecco quasi tutto, solo con la fantasia. Ma il più delle volte capita che mi sorprendano gli eventi e non succeda nulla di quello che avevo pensato. Ma dico io, dove lo troverò tutto questo tempo per pensare alle cose prima che succedano, con tutte le serie televisive che guardo?
Tutto questo preambolo per dire che l’incontro con Cesca&Uomo Alfa mi ha sorpresa. Non ricordo cosa avessi immaginato, so per certo che ero convinta che sarebbe andato bene. Ma è stato di più, è stato esattamente passare dei momenti piacevoli con delle persone che sai che sono meravigliose e che ti dispiacerà salutare perché hai la certezza che passerà del tempo prima di rivedersi. E però ringrazi, perché sei riuscita a passare del tempo con loro, anche se poi sei uscita mostruosa nelle foto e loro si ricorderanno di te come un piccolo sgorbietto che si ingozzava di arrosticini alla Sagra del Seitan, che poi è la verità.

Vi saluto lasciando un pensiero alle amiche blogger che in un modo o nell’altro sono state coinvolte nel terremoto e segnalando a mia volta una pagina Facebook per dare un aiuto alla popolazione colpita dal sisma di Novi di Modena, qua.

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L’erbivoretta vien dalla campagna con un premio.

Sono stata nominata da Felicia e sono contentissima perchè l’onorificenza è ‘Cake blog di qualità’. Grazie Feli, provvedo subito ad elencare la mia hit parade di dolciumi.

1. Torta tiramisù : il mio animo blogger mi sta dicendo che dovrei spendere due parole su questo dolce, ma la mia nuova attitudine campestre mi spinge a credere che non servano altre parole e che voi, che mi seguite con tanto affetto, capirete perchè è il vincitore. Oops, ho speso più di due parole.

2. Muffins ciocco-arancia di CescaQB : dovete assolutamente provarli, almeno sino a quando riuscite a trovare delle arance. Sono tra i dolcetti più buoni del mondo ed io, personalmente, li ho adottati.

3. Cookies nocciole e cioccolato, aka cookies natalizi: danno assuefazione, garantito!

4. Torta allo yogurt e marmellata della colazione : non ho ancora condiviso la ricetta, ma vi assicuro che lo farò presto e che questa torta merita assai…

5. Cestini di frolla alle nocciole con crema al cioccolato e banane : prendete la crostata pere e creme vegan della meravigliosa Dona, sostituite un po’ di ingredienti per ottenere una frolla alla nocciola, createne dei cestinetti, riempiteli con la sua crema al cacao ed ecco la meraviglia.

6. Baci di dama : forse un po’ di Photoshop potrà aiutarci a vederli nella giusta luce, comunque uno tira l’altro.

7. Torta al cioccolato : devo assolutamente postare anche la ricetta di questa torta, mea culpa.

E adesso arriviamo alle note dolenti. La regola è passare il premio ad altri 10 blogger meritevoli, ma io credo che ogni blog che seguo si meriti questo riconoscimento perciò, è qui: prendete e godetene tutti e condividete la vostra personale classifica di dolci che, in periodo di prove bikini imminenti, ci sta sempre bene. Così, per farci del male.

Intanto, in un appezzamento di terra non molto lontano dalla dimora dell’erbivora, il progetto di un piccolo orto organizzato a bancali continua la sua saga.

 

Strani cavi partono da un tubo per collegarsi ai bancali, creando dei piccoli motori che, si spera, potranno dare la vita a qualcosa.

E il 5 maggio i primi inquilini prendono possesso delle loro stanze, saggiando il terreno. Qualche seme di cipolla, di sedano, di cerfoglio e di zucca è già germogliato, messo a dimora direttamente sul bancale.

Ci sono melanzane, pomodori San Marzano, cetrioli, zucchine bianche e verdi, meloni, peperoni gialli e rossi ed è pronto un piccolo bancale più basso per le fragole. E il gelso e il nespolo ci fanno capire che i loro frutti sono quasi maturi. Speriamo bene.

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V per Savoiardi Vegan.

Dal momento che un simpatico virus intestinale ci ha costretti entrambi a casa in questo periodo di ponti e di feste del lavoro che c’è ma non si vede, mi sfogo utilizzando la mia unica mattinata di malattia per produrre dei biscotti da colazione ormai collaudati.

La prima volta che li ho provati sono venuti buonissimi, ma davvero una schifezza a vedersi. Sono meravigliosi per il té, per la colazione e per farci i dolci da cucchiaio. Non sapevo se chiamarli “Biscotti perfetti per un buon vegan-tiramisù” oppure “Savoiardi Vegan” o “Savoiardivì”.

In medio stat virtus, perciò il titolo di questo post è “Savoiardi Vegan”. Secondo me il sapore ricorda vagamente quei biscottoni. La leggera croccantezza esterna che contrasta con la morbidezza interna ancora di più e li rende perfetti per i dolci da cucchiaio.

Ora che la ricetta è collaudata, assolutamente condivido. Se ci sono suggerimenti per diminuire lo zucchero rimpiazzandolo con altro ingrediente, sono qui che aspetto con le orecchie verso il soffitto e tirate leggermente verso l’esterno. A mò di parabola, insomma.

 

Ingredienti.

380 g di farina
20 g di fecola di patate
80 g di frumina
100 g di margarina senza grassi idrogenati
180 g di zucchero di canna
170 g di latte di soia + 20 g di acqua (o 190 g di latte di riso)
2 cucchiai di sciroppo di riso
1 cucchiaino di bicarbonato
1/2 cucchiaino di vaniglia in polvere o estratto di vaniglia
2 cucchiaini di lievito per dolci

Procedimento.

In una ciotola capiente setacciare per bene tutti gli ingredienti secchi, escluso lo zucchero. In un’altra ciotola, sciogliere lo zucchero dentro il latte, aggiungere la margarina, lasciata sciogliere a temperatura ambiente e unire agli ingredienti secchi, sino a formare un impasto omogeneo e abbastanza appiccicoso.  Lasciar riposare in frigo per almeno un’ora.
Trascorso questo tempo accendere il forno a 190° e, aiutandosi con un cucchiaio e con le mani umide, prelevare delle piccole porzioni di impasto dalla ciotola e disporle su una teglia foderata di carta da forno. Lisciare la superficie dei biscotti con un dito bagnato d’acqua e infornare per 15 minuti, o sino a leggera doratura.

Sfornare, lasciar raffreddare su una gratella e conservare in un barattolo a chiusura ermetica.

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Fregola ai carciofi e bottarga felice.

Era da tempo immemore che non preparavo una buona e appagante fregola coi carciofi.
Poi CescaQB mi ha illuminata con la sua fregola alla marinara vegan e, in attesa di sperimentare la sua versione col pomodoro che  qua non tutti gradiscono, mi sono lanciata in una rivisitazione della fregola con bottarga e carciofi, piatto della tradizione nostrana.

In questi giorni io e Fidanzato ci stiamo cimentando nella creazione di un “orto sinergico”. Il virgolettato è d’obbligo, perchè non credo che questo orto rispetti tutti i dettami della tipologia in cui l’abbiamo inquadrato. Ancora devo farmi una cultura sulla nomenclatura e terminologia, ma ben presto, spero, ne saprò di più.

I fatti sono questi: i miei hanno un piccolo appezzamento campestre inutilizzato, se non per qualche sporadico slancio agricolo di cui ci si stufano in meno di una stagione. Quest’anno io e Fidanzato abbiamo deciso di compiere un esperimento e coltivarci qualcosa, perciò abbiamo loro chiesto di cedercene un pezzetto.

C’è anche da dire che la posizione dell’appezzamento è vantaggiosa in quanto confinante col terreno del mio Zio Agricoltore Per Passione con gli Occhiali Quadrati. Il suddetto zio, che posso affermare essere il mio zio preferito e anche quello preferito da Fidanzato, ci ha dato un consiglio che voglio citare: “Voi venite a zappare, a piantare e tutto. Poi passate da me che la verdura ve la do io!”
Ed è stato così che, da circa una settimana, torniamo a casa con almeno una cassetta di fave e carciofi tardivi. Carciofi che sono stati impiegati per cucinare la fregola, dopo una dura mattinata agricola di costruzione dei bancali. Ne abbiamo preparati otto: sono sfalci d’erba e legna secca ricoperti di uno strato di terra: il substrato dovrebbe servire per tenere umido lo strato superiore, una volta che la legna e l’erba cominciano a putrefarsi e, in questo modo, utilizzare meno acqua.

Ingredienti (per 2 persone affamate).

2 cucchiaini di semi di girasole
2 fette biscottate
1/2 foglio di alga nori
1 pizzico di sale

230 g di fregola grossa
5 cucchiai di olio EVO
1 spicchio d’aglio bello grande
1 pomodoro secco
4 cucchiai di malvasia
4 cucchiai di prezzemolo tritato
4 carciofi spinosi
1/4 di limone
sale qb
1 l di acqua
2 cucchiai di salsa di soia
pepe nero qb

Procedimento.

Per prima cosa ho preparato la bottarga felice. Ho inserito nel frullatore le fette biscottate, l’alga, un pizzico di sale e i semi di girasole e ridotto tutto in piccole bricioline. Ho fatto scaldare in un padellino piccolo un cucchiaio di olio e vi ho rosolato il contenuto del frullatore per una decina di minuti.

Poi ho pulito i carciofi (in realtà è stato Fidanzato ad occuparsene), sfregandoli bene sul quarto di limone per non farli annerire, ridotti in fettine sottili, di mezzo centimetro di spessore.
Nel frattempo ho messo a bollire un litro d’acqua con la salsa di soia.
Ho tritato finissimamente il pomodoro secco e lo spicchio d’aglio, fatto scaldare 4 cucchiai d’olio EVO in una padella capiente. Ho fatto rosolare per cinque minuti l’aglio, il pomodoro secco e il prezzemolo, poi ho aggiunto 3 cucchiai di bottarga felice e i carciofi, lasciandoli rosolare per qualche minuto. Ho poi sfumato con la malvasia e lasciato evaporare l’alcol. Ho aggiunto la fregola, l’ho lasciata tostare per un minuto, dopodichè ho aggiunto tanta soluzione di acqua e salsa di soia (quella che avevo messo a bollire in precedenza) quanto è bastata per coprire la fregola. Ho abbassato il fuoco e lasciato cuocere semichiuso per una ventina di minuti, mescolando e aggiungendo acqua e salsa di soia di tanto in tanto, quando la fregola cominciava a non essere più coperta dall’acqua.
Gli ultimi cinque minuti ho salato e pepato, tolto il coperchio ed aumentato la fiamma per far evaporare l’acqua restante. Consiglio di assaggiare i pezzi più grossi di fregola: non deve rimanere croccante all’interno.

Far riposare per una decina di minuti e servire calda, aggiungendo a piacere la bottarga felice.

Chiaramente abbiamo fatto le foto all’orto in progress. Eccole, di seguito.
E no, non c’è nessuno là sotto.

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Carciofi in salamoia.

Katy li ha fatti sottolio e le ho confessato che anche io, in seguito ad un raptus di Fidanzato, tornato a casa con una cassetta di carciofi senza gambo, li ho fatti sottolio. Buoni, ma il sapore dell’aceto copre un po’ troppo quello dei carciofi.
Così mi sono ricordata di questi buonissimi carciofi in salamoia, un esperimento risalente ai tempi in cui questi ortaggi erano ancora delle primizie.

L’ispirazione viene dalle conserve di Camilla, che parla di rimboccare e non di rabboccare. Ma si può dire ‘rimboccare’ per intendere ‘riempire sino all’orlo’? Io conosco l’atto di rimboccare le coperte, ma quello di rimboccare un recipiente no. Soprattutto se di vetro. Non vedo come si possa fare, se non dentro ad un altoforno e là, dico, non ci sarebbe neppure bisogno di sterilizzazioni di sorta.

Bene Katy, ecco la ricetta dei carciofi in salamoia. Facciamo una jamming session e li proviamo in salamoia con olio? Come si potrebbe mai realizzare una simile cosa?

Chiaramente, anche se la stagione dei carciofi sta per finire, in giardino l’unica enorme pianta di carciofi si sta preparando per tirarne fuori tre, tutti insieme. Si può?

Rabbocchiamoci le maniche, orsù.

Ingredienti.

1 kg di carciofi spinosi
2 limoni
1 l di acqua
10 g di sale grosso
qualche foglia di alloro
pepe rosa

Procedimento.

In una pentola mettere a bollire l’acqua e il sale per 10 minuti, spegnere il fornello e lasciar raffreddare.
Nel frattempo preparare una ciotola in che riempiremo a metà con acqua e il succo di un limone (acqua acidulata), tagliare l’altro limone a metà,pulire i carciofi eliminando le parti più dure, sino ad ottenere il cuore più tenero, tagliarli a metà ed eliminare la peluria centrale.
Sfregare sulla metà del limone i cuori di carciofo ottenuti, per evitare che anneriscano ossidandosi, ed immergerli nell’acqua acidulata. Se, continuando a mondare i carciofi, questi superano il livello dell’acqua acidulata, bagnare leggermente un pezzo di carta assorbente, sfregarci sopra metà limone e adagiarla sui carciofi mondati.

Prendere i barattoli a chiusura ermetica, già sterilizzati. Mettere sul fondo le foglie di alloro e un cucchiano di pepe rosa in grani. Disporre i carciofi all’interno senza schiacciarli, sino a riempire il barattolo. Versare la salamoia in modo che li copra totalmente.
Aspettare un po’ per vedere se c’è bisogno di rabboccare con altra salamoia, poi chiudere il barattolo, avvolgerlo in un telo da cucina e farlo bollire per 30 minuti. Spegnere il fornello, lasciar raffreddare, estrarre il barattolo/i barattoli dalla pentola e asciugarli. Dopo due mesi di salamoia sono pronti per essere gustati. Così dice Camilla. Noi li abbiamo trovati buonissimi anche solo dopo un mese.

Il carciofo c’è davvero, ed ecco le prove.

Il mirtillo.

Il melo.

Il limone.

Buona Pasqua/Feste a tutte e tutti voi.

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Sorbetto all’arancia.

Non so perchè in questi giorni mi è presa la voglia di cimentarmi nel sorbetto. E’ stato un chiodo fisso per una settimana intera e infine sono riuscita a trovare una sera per farlo.

Non ho la gelatiera, perciò ho usato il classico metodo ‘Metti in freezer per un’ora, togli dal freezer e mescola bene’ per almeno 4 volte. Il risultato è stato apprezzatissimo, la nostra colazione del sabato mattina. Vabbè che qua sta piovendo, c’è il vento e non sembra sicuramente estate, ma io e Fidanzato abbiamo deciso così e così è stato.

Martedì è stato il gran giorno per me, quello del mio primo discorso in pubblico. Ringrazio voi blogger per avermi lasciato i vostri consigli, i video educativi, le esperienze e gli in bocca al lupo perchè mi sono serviti tantissimo.

Ma ecco come si è svolto il tutto.

La sera prima mi chiamano per dirmi che nel mio discorso avrei dovuto parlare solo di un determinato argomento, lasciandone fuori altri che mi ero preparata. Così era l’ordine del giorno.
E sì che erano solo cinque minuti, tassativi. E sì che durante il pomeriggio ho ammorbato Fidanzato, io, in piedi davanti al divano, nella posa del piccolo coro dell’Antoniano, che guardavo il soffitto esponendo le mie argomentazioni e Fidanzato che, armato di cronometro, cercava di fornirmi spunti e suggerimenti. E sì che con quegli argomenti che non avrei più dovuto esporre sforavo di circa due minuti dai cinque minuti imposti.

Però che ti cambino la prospettiva a poche ore dal tanto atteso momento, signori, siamo seri.

La mattina dopo, coi nervi a fior di pelle, recupero i miei foglietti e parto per il patibolo. Durante il tragitto ripeto quattro o cinque volte il mio nuovo discorso, rivolta ai semafori, all’omino giallo con la testa che dondola insediato sul mio cruscotto, anche ai simpaticoni che mi tagliano la strada, infervorandomi ogni volta.

Arrivo al luogo prefissato per il convegno, mi faccio strada salutando e ricevendo pacche sulle spalle d’incoraggiamento, faccio il mio ingresso nella sala e mi posiziono in prima fila.
Una doverosa precisazione sulla conformazione della sala, che è predisposta per poter raddoppiare le sue dimensioni, in barba a tutte le leggi della fisica, semplicemente con un muro scorrevole, a scomparsa. E senza dover tirare nessuna leva.

Quando sono entrata io il muro era ancora lì. Quando mi sono avvicinata al microfono non c’era più e al suo posto c’era una marea di gente che aspettava di sentire cosa avevo da dire.

Ho cominciato con un “Buongiorno a tutti”, ho continuato presentandomi, ho cercato di disporre i foglietti per poterli leggere agevolmente ma non c’era nulla da fare: quelli non si sistemavano. Allora ho pensato ‘Pazienza, comincia, poi troverai un modo per continuare!’
E ho cominciato, da vera sbruffona, con la mia battuta iniziale, simpatica e ironica, a mio parere.
Dopo il primo applauso, che non mi aspettavo, ho perso il filo. Una decina di secondi per stabilizzarmi, fare respiri profondi (non sul microfono!) e cercare il segno nei foglietti, che ormai erano inutili. Ho mormorato un “Scusate…” e là è partito il secondo applauso di compassione, questo sì.

Ho ripreso a parlare, come se stessi cercando di spiegare qualcosa ad un paio di amici, sono riuscita a dire quasi tutto quello che avevo da dire, a volte con qualche ripetizione e con qualche vocabolo non troppo azzeccato. Infine, levitando, sono scesa dal palco con i miei foglietti stropicciati e, con le bollicine dentro la testa, mi sono diretta verso la mia sedia. Non faccio in tempo a sedermi, ancora tutta frastornata, che vedo un donnone sorridente che mi stringe e mi bacia “Brava, brava! Hai detto delle cose verissime! E’ la mia alunna!”
Ed era la mia maestra delle elementari, la mia maestra preferita! Si trovava lì, anche lei!

Il mio era il penultimo intervento, perciò dopo mezz’ora mi sono ritrovata libera, a ricevere complimenti, salutare gli amici, prendere  la macchina e tornare in azienda, ancora frastornata.
E’ stata un’esperienza bellissima. Non so se voglio rifarla, ma per il momento sono contenta di averci provato.

Ed ora veniamo al sorbetto.

Ingredienti (per 2 persone).

125 ml di acqua
62 g di zucchero semolato
125 ml di succo d’arancia fresco (io ho usato un’arancia tarocco)
50 ml di succo di limone (mezzo limone di dimensioni medie)
la polpa della spremuta d’arancia
4 g di agar agar

Procedimento.

Mettere nel freezer il recipiente che useremo per contenere il sorbetto.
In un pentolino mettere l’acqua e lo zucchero, porre sul fornello a fiamma bassa e portare ad ebollizione per un minuto, mescolando sino al completo scioglimento dello zucchero. Spegnere il fornello e lasciar raffreddare lo sciroppo.
Spremere l’arancia e filtrare bene il succo con un colino. Spremere anche il limone. Unire il succo d’arancia allo sciroppo, mescolando bene. Aggiungere anche il succo del limone e mescolare. Munirsi di frullatore ad immersione, aggiungere la polpa e frullare, mettendo il frullatore di sbieco, in modo che venga incorporata più aria possibile ( e in modo da sporcare più superfici possibile).
Aggiungere l’agar agar, continuando a frullare.
Fare 3 cicli col frullatore di massimo 5 minuti ciascuno, aspettando qualche minuto fra un ciclo e l’altro in modo da non fondere il motore. Chi ha una gelatiera può fare solo un ciclo e poi mettere tutto dentro la gelatiera.

Tirare fuori dal freezer il recipiente e versarci il composto, coprire, posizionare nuovamente dentro al freezer per un’ora, tirarlo fuori e mescolare, rompendo eventuali cristalli di ghiaccio. Coprire e mettere nuovamente in freezer per un’ora, poi estrarlo e mescolare di nuovo.
Questo procedimento l’ho fatto per 4 volte di seguito. Alla quarta volta la consistenza era quella desiderata.
Si conserva in freezer. Lasciarlo fuori dal freezer almeno 5 minuti prima di servirlo. Aggiungendoci del succo d’arancia fresco, è la morte sua.

 
 

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