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Malloreddus, contest e ritorni.

Appena mi ricorderò di chiedere a Nonna come si chiama quel cestino con i bordi perpendicolari al fondo, fatto di vimini, che mi ha regalato scettica, aggiornerò questo post.
Bel modo di tornare, facendo finta di nulla. Ma sbaglio o l’ultimo post è di gennaio!?
No, non ci siamo nutriti di bacche e tuberi, nel frattempo. Ci è anche scappata qualche ricetta carina. E ieri ho chiesto a Fidanzato, mentre preparavo la cena: “Ti mancava la macchina fotografica prima di cena, puntata sul tuo piatto fumante?” Ha fatto finta di dormire, ma io lo so che non gli mancava per nulla.

Il fatto è che la Nostra CescaQB Nazionale ha promosso un contest interessantissimo per i feticisti della zucca.
Il fatto è che io mi sono scoperta feticista della zucca, ahimè, con grande tristezza da parte di Fidanzato, che la trova insignificante e insapore.

Quindi in questi giorni mi sono addormentata contando le zucche che saltavano la staccionata, e alla fine mi è venuta l’illuminazione: un piatto tradizionale rivisitato.

Senzanome

I malloreddus, che i non isolani conoscono come gnocchi sardi. Non dite a Nonna come ho rivisitato la sua ricetta.
Lei, purista, solo farina di semola di grano duro, acqua e sale. Come condimento quello campidanese tradizionale: salsa di pomodoro, salsiccia e, sua tocco personale, zafferano di quello buono.

Io, zucca. Succo di zucca tiepido, semola di grano duro, zafferano di quello buono e sale nella pasta. Come condimento, purea di zucca, panna di riso (fatta con olio di girasole, ho letto gli ingredienti, come mio solito!) e porcini.

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Malloreddus a tutta zucca, porcini e zafferano.

Ingredienti (3-4 persone).

Per i malloreddus.
250 g di farina di semola fine
100 g ca di succo di zucca
5-6 pistilli di zafferano
1 pizzico di sale

Per il condimento.
2 cucchiai di olio EVO
brodo vegetale qb
1/4 di cipolla bionda
3 cucchiai di funghi porcini essiccati, tagliati in piccoli pezzi
noce moscata qb
250 g di polpa di zucca cotta al vapore
125 ml di panna di riso
sale qb

Procedimento.

Per prima cosa ho preparato i malloreddus. L’impasto va lavorato per almeno 20 minuti e poi lasciato riposare un paio d’ore, per evitare che si appiccichi al cesto di vimini.
Ho cotto la zucca fatta a tocchetti al vapore e ne ho prelevato la polpa e schiacciata con una forchetta. Poi, con un colino, ho filtrato per bene il succo. Ho poi prelevato due cucchiai di questo succo e li ho messi in una tazzina con lo zafferano, coperto con un piattino e lasciato riposare per una decina di minuti.
Ho disposto la farina e il sale sulla spianatoia, incorporato per prima il succo di zucca con lo zafferano, poi, pian piano, il resto del succo, sino a quando non ho ottenuto un impasto liscio e non appiccicoso. Ne ho fatto una palla che ho lasciato riposare all’interno di un recipiente, con un panno pulito sopra per circa due ore.
Passato il tempo di riposo, ho prelevato la palla e ho creato tanti piccoli serpentelli, dai quali ho tagliato tanti tocchetti di pasta da schiacciare sul cesto di vimini col pollice per creare i malloreddus. Li ho fatti riposare per tutto il pomeriggio, scuotendo ogni tanto il cesto.

Quando i malloreddus mi sono sembrati abbastanza asciutti, ho messo sul fuoco una pentola con abbondante acqua salata e ho fatto bollire. Nel frattempo ho preparato il condimento.
In una padella ho messo l’olio e due cucchiai di brodo, la cipolla tritata finissima, la noce moscata e i porcini e ho lasciato stufare per un po’, sino a quando i porcini e la cipolla non si sono ammorbiditi per bene. In una scodella ho mescolato insieme purea di zucca,panna di riso e sale, poi ho aggiunto il composto nella padella e ho lasciato cuocere per altri 5 minuti.
Ho buttato i malloreddus nell’acqua bollente e dopo 15 minuti li ho scolati.
Ho messo nuovamente sul fuoco il condimento e ho fatto saltare per circa 3 minuti i malloreddus. Ho impiattato e servito con una spolverata di trito di mandorle, pistacchi, noci e lievito alimentare in scaglie.

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Con questa ricetta partecipo al contest di Cesca:

banner ATUTTAZUCCA briciole di cescaqb

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Pasta a risotto ajo, ojo, prezzemolo e peperoncino.

Eccomi: un felice anno nuovo a chi capita di qua intenzionalmente (a.k.a. recidivi) o casualmente.
Va bene, sarò sincera. Non amo le feste: diciamo, più che altro, che ne approfitto per augurare cose buone e belle alle persone a cui tengo.
E per sfogare la mia voglia irrefrenabile di produrre regalini da gustare.
Quest anno, come lo scorso anno, cookies di natale, confettura pere e noci con la variante di un tocco zenzeroso, caffè aromatizzati e i mitici cioccolatini di Katy, che non riuscivo a smettere di preparare. Dopo l’esitazione iniziale dovuta ai tempi lunghi di riposo, ho cominciato a variare e personalizzare la meravigliosa Katy-ricetta, producendoli in serie e alternando l’appallottolamento all’incioccolatamento, se mi si passa la licenza poetica.
Sono stati apprezzatissimi, anche in ufficio. Se ancora non l’avete fatto, cosa aspettate a provarli!?
Attenzione: durante la latitanza ho ricevuto ben due premi.
Ringrazio moltissimo Nadir e Alessandra che mi hanno conferito il Sunshine Award 2013 e la bellissima Bibi che mi ha consegnato il premio Cutie Pie. Ragazze, grazie di cuore! Accetto i premi ma non continuo la catena perchè devo concentrarmi su una nuova scoperta. Spero che mi perdonerete.

E veniamo dunque alla nuova scoperta. L’anno nuovo, oltre ad un simpaticissimo odore pungente di griglia fra i capelli, mi ha lasciato anche la voglia di spaghetti aglio e olio.
E’ successo così: cenone di S.Silvestro, millecinquecentoventisette diversi tipi di antipasti. La prima portata prevista per i ‘diversi’ era la pasta aglio e olio, ma mi son sentita così piena da rifiutare e passare direttamente al secondo (torta di funghi e patate preparata dalle mariarosamanine di Fidanzato).
Mi sono trovata poi, incastrata tra i fornelli e la baraonda di bambini fuori controllo, obbligata a far saltare gli spaghetti degli altri ‘diversi’ e ad annusarne il profumo. Ed ecco che il primo dell’anno, a pranzo, mi viene voglia di un piatto di spaghetti aglio e olio. Così.
Ma il primo, a pranzo, si mangiano gli avanzi. E così via, sino a ieri sera.

Torno dalla palestra, affamatissima. Sfogliando la collana Academy Chef de la Repubblica ho trovato nel volume dedicato alla pasta secca una meravigliosa ajo e ojo risottato dello chef Adriano Baldassarre, che ringrazio pubblicamente per non aver cercato di stupire con ingredienti animali e per avermi fatto scoprire questo tipo di cottura. Riporto, dal libro:

“[…]La cottura della pasta a risotto[…]è un metodo di cottura della pasta analogo a quello utilizzato per la preparazione di un risotto. La pasta viene appena sbollentata per 2-3 minuti, messa nel recipiente di cottura del sugo, e lì fatta cuocere con il sugo o l’acqua di cottura della pasta, aggiunta di volta in volta in piccole quantità, fino al suo completo assorbimento.
Con questo metodo, la pasta risulta di certo più saporita, perchè non assorbe l’acqua ma il brodo (o l’acqua di cottura in cui sono sciolti gli amidi) e i grassi del sugo. Gli ingredienti del sugo possono essere già tutti presenti nel tegame al momento in cui si aggiunge la pasta, o incorporati più tardi se necessitano di cotture più veloci.
La durata della cottura di una pasta a risotto è più o meno la stessa della cottura in acqua, solo un paio di minuti in più.[…]”

Finita la lezione, veniamo alla ricetta, che ho solo leggermente modificato, aggiungendo un trito di mandorle, sale, pinoli e lievito in scaglie a fine cottura. E utilizzando del prezzemolo che avevo in freezer, già tritato. La ricetta originale prevede una guarnizione di prezzemolo fritto. Il prezzemolo del vaso, porello, non vorrei dire che ha tirato le cuoia perchè gli voglio bene, ma l’ho detto.

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Ingredienti per 2 persone.

1 manciata di mandorle sgusciate
1 cucchiaino di pinoli
1 pizzico di sale
1 cucchiaino di lievito alimentare in scaglie
3 denti d’aglio belli cicciotti
1/2 peperoncino secco
5 bicchieri d’acqua circa
220 g (abbondate!) di spaghetti integrali
3 cucchiai d’olio
2 cucchiai di prezzemolo tritato
sale QB

Procedimento.

Per prima cosa mettiamo le mandorle, i pinoli, il sale e il lievito alimentare in un macina caffè o in un mixer e tritiamo sino ad eliminare ogni pezzo grosso di frutta secca.

Sbucciamo i denti d’aglio, lasciandoli interi, con la punta di un coltello eliminiamo i semi dal mezzo peperoncino e mettiamo tutto(i semi no!!!) in una padella, coprendo con l’acqua e lasciando stufare per 7 minuti dall’inizio del bollore.

Nel frattempo mettiamo  in un padellino 3 cucchiai d’olio che faremo scaldare a fiamma bassa e, appena caldo, versiamoci il prezzemolo tritato, lasciandolo friggere per massimo 1 minuto.

Buttare gli spaghetti dentro la padella, senza spezzarli, ma curvandoli appena cominciano ad ammorbidirsi. Devono cuocere appena coperti d’acqua, perciò rimuovere quella in eccesso con un mestolo e metterla da parte per l’eventuale mantecatura.

Trascorso il tempo di cottura, assaggiare gli spaghetti e, quando sono quasi al dente, eliminare quasi tutta l’acqua, aumentare la fiamma, aggiungere l’olio col prezzemolo e un cucchiaio del ‘parmigiano veg’ preparato all’inizio.

Saltare la pasta per 1-2 minuti, aggiustare di sale (per noi, 2 prese scarse) e servire caldissimo, guarnendo con altro ‘parmigiano veg’.

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Hummus di zucca.

In realtà mi serviva una scusa per riaffacciarmi nei vostri mondi, così ho pensato di fare finta di aver scoperto chissaché.
Però diciamocelo: questo hummus, o spalmabile di zucca che dir si voglia, è veramente delizioso. L’abbiamo mangiato con del pane pita appena sfornato e un’insalatona per cena. E poi a pranzo, il giorno dopo, in ufficio, di nuovo con la pita avanzata e dei piccoli wurstel di seitan. E’ da provare, soprattutto se state sperimentando qualche ricetta veloce e appagante per sfamare i vostri cari nei prossimi giorni.
E se avete raccolto le olive per fare un olio verdissimo, saporitissimo e che profuma di gesti genuini, dovete assolutamente usarne un po’ per condire il vostro hummus, come abbiamo fatto noi.

Un appello ai cervelloni che realizzano cose come questa: ma pare scortese dedicarsi ad alleviare le pene e le sofferenze degli accaniti pulitori di zucche!? Se già avete brevettato qualcosa, perché non ce ne date notizia!? Davvero potete continuare a dormire sonni tranquilli avendo sulla coscienza persone con le dita distruttte da questo logorante lavoro? Pensateci! Il mondo dei fan della zucca ha un disperato bisogno di voi!

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Ingredienti.

500 g di zucca pulita e tagliata a tocchetti
1 cucchiaino di maggiorana secca, tritata
1 cucchiaino di foglie d’alloro secche, tritate
3 piccoli rametti di rosmarino fresco
2 spicchi d’aglio
2 cucchiaini generosi di tahina
3 cucchiai di olio evo
1 cucchiaio di semi di zucca tostati e sgusciati
1 cucchiaino di semi di sesamo
1 manciata di noci del brasile (vanno bene anche le arachidi, le noci, le mandorle)
2 pizzichi di sale fino da cucina
una spolverata abbondante di cumino macinato
il succo di 1/2 limone
2 cucchiai di prezzemolo fresco tritato

a piacere: paprika dolce, pepe, peperoncino, prezzemolo fresco per la guarnizione

Procedimento.

Nell’acqua per la cottura al vapore versare la maggiorana e l’alloro. Nel cestello per la cottura mettere la zucca, uno spicchio d’aglio privato del germoglio e fatto a pezzetti.

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Cuocere per 10 minuti o sino a quando la zucca non risulta morbida.

Lasciar freddare la zucca e trasferirla nel contenitore lungo del frullatore ad immersione, quindi frullare insieme a tutti gli altri ingredienti, sino ad ottenere una crema liscia ed omogenea. Accompagnare con del pane e una bella insalatona di finocchi freschi e arance.

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Tortilla di patate (V)

La prima frase è sicuramente quella più difficile da scrivere, dopo tanto tempo. Ma senza rendertene conto l’hai scritta. E hai scritto anche la seconda e la terza. E continui a scrivere, un po’ come quando a scuola piegavi a metà per il lungo il foglio protocollo e rimanevi per un po’ con la penna per aria, rimuginando sulla consegna.
Sì, va bene. Avrei voluto scrivere un sacco di ricette e di post questa estate. Ma per poco tempo, stanchezza, pigrizia o dimenticando di fare le foto, alla fine non ho lasciato qui nemmeno un pensiero. E neppure sui blog che seguo (ma devo ammettere che non ho perso quasi nemmeno un post dei miei preferiti… commentare è un’altra cosa, ohibò!).
Siamo arrivati praticamente all’autunno, posso chiudere un’estate che non ho annotato con un post che contiene una zucchina? Mi sembra il minimo.
E a proposito di patate, siano sempre lodate.
E a proposito di tortilla, abbiamo un nuovo amico ed è catalano. Una volta gli abbiamo preparato la tortilla di patate di cui parlerò nel dettaglio più avanti. E se l’è spazzolata. Non ne è rimasto nemmeno un pezzettino. La ricetta originale proviene dal carinissimo blog di Hiulits. Io ho aggiunto solo qualcosa e ho accettato il consiglio del bicarbonato che, effettivamente, la lascia più morbida a fine cottura. Il nostro amico ci ha dato un consiglio per il taglio delle patate.
“Tu non debi tagliarle tutte uguali. Le debi tagliare a pezzi così ‘Flap Flap’, così esce la fecola di patate”.
A parte non aver ricevuto nessuna risposta alla domanda ‘La fecola di patate esce già in polvere?’, cosa che un po’ mi ha indisposto, la traduzione del ‘Flap Flap’ è impossibile. Il suono è stato accompagnato da un gesto di mano che prende una patata, mano che prende un coltello, si avvicinano e il coltello taglia pezzi irregolari di patata. Così ho fatto, ed effettivamente le patate si appiccicano molto meno in cottura: non essendo regolare la superficie del taglio, c’è una possibilità più bassa che due pezzi aderiscano. Ma sulla fecola non so dare spiegazioni. Dalla prova empirica ho solamente dedotto che no, la fecola non esce in polvere.


Ingredienti.

2 grosse patate (600 g circa)
1/2 cipolla rossa (60 g circa)
1/2 cipolla bianca (60 g circa)
1 spicchio d’aglio (7 g circa)
1 piccola zucchina (60 g circa)
4 cucchiai di farina di ceci (75 g circa)
4 cucchiai di farina di mais (75 g circa)
2 cucchiaini di bicarbonato di sodio (10 g circa)
2 cucchiaini di sale (7 g circa)
16 cucchiai di acqua fredda (200 g circa)
1 bustina di zafferano
10 cucchiai di olio d’oliva

Procedimento.

In una padella abbastanza alta e capiente mettere a scaldare l’olio, su un fornello di medie dimensioni, a fiamma bassa.
Pelare le patate e tagliarle a pezzi irregolari non troppo spessi (la parte più spessa deve essere grossa massimo 5 mm).


Versare le patate nell’olio caldo e lasciar friggere, spadellando di tanto in tanto, per circa 10 minuti.


Nel frattempo tagliare a piccoli pezzi le cipolle e la zucchina, scamiciare lo spicchio d’aglio e tagliarlo a metà, privandolo del germoglio interno.


Setacciare in una ciotola le due farine, lo zafferano e il bicarbonato, aggiungere l’acqua man mano, mescolando con una frusta sino a quando si sarà formata una pastella un po’ densa. Mettere in frigo a riposare.


Aggiungere la cipolla, l’aglio, la zucchina e il sale alle patate in cottura e lasciar cuocere sino a quando la zucchina si sarà leggermente ammorbidita e le cipolle saranno un po’ dorate. Mescolare, di tanto in tanto.
A cottura ultimata, scolare dall’olio le verdure, eliminare lo spicchio d’aglio e lasciar raffreddare.


Unire alla pastella, in modo che questa ricopra per bene tutte le verdure.
Ungere una padella con un po’ dolio e, appena calda, versarci dentro il composto, compattandolo con una spatola dai bordi verso il centro.

Lasciar dorare bene da entrambi i lati. Per girare la tortilla si può usare un coperchio di pentola con un diametro leggermente più piccolo di quello della padella.

Servire tiepida. La sottoscritta l’ha gustata con della buona confettura di pomodoro, basilico e vaniglia, mentre chi ha problemi di comunicazione coi pomodori l’ha accompagnata con della salsa yogurt-senape.

 

Prima di salutarvi vorrei segnalare un’iniziativa carinissima: il 7 ottobre è l’International Tulip Guerrilla Gardening Day. Piantiamo bulbi di tulipani in giro per le città? Io ho già preso di mira il triangolino di terra che c’è nel mio condominio!

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Fregola ai carciofi e bottarga felice.

Era da tempo immemore che non preparavo una buona e appagante fregola coi carciofi.
Poi CescaQB mi ha illuminata con la sua fregola alla marinara vegan e, in attesa di sperimentare la sua versione col pomodoro che  qua non tutti gradiscono, mi sono lanciata in una rivisitazione della fregola con bottarga e carciofi, piatto della tradizione nostrana.

In questi giorni io e Fidanzato ci stiamo cimentando nella creazione di un “orto sinergico”. Il virgolettato è d’obbligo, perchè non credo che questo orto rispetti tutti i dettami della tipologia in cui l’abbiamo inquadrato. Ancora devo farmi una cultura sulla nomenclatura e terminologia, ma ben presto, spero, ne saprò di più.

I fatti sono questi: i miei hanno un piccolo appezzamento campestre inutilizzato, se non per qualche sporadico slancio agricolo di cui ci si stufano in meno di una stagione. Quest’anno io e Fidanzato abbiamo deciso di compiere un esperimento e coltivarci qualcosa, perciò abbiamo loro chiesto di cedercene un pezzetto.

C’è anche da dire che la posizione dell’appezzamento è vantaggiosa in quanto confinante col terreno del mio Zio Agricoltore Per Passione con gli Occhiali Quadrati. Il suddetto zio, che posso affermare essere il mio zio preferito e anche quello preferito da Fidanzato, ci ha dato un consiglio che voglio citare: “Voi venite a zappare, a piantare e tutto. Poi passate da me che la verdura ve la do io!”
Ed è stato così che, da circa una settimana, torniamo a casa con almeno una cassetta di fave e carciofi tardivi. Carciofi che sono stati impiegati per cucinare la fregola, dopo una dura mattinata agricola di costruzione dei bancali. Ne abbiamo preparati otto: sono sfalci d’erba e legna secca ricoperti di uno strato di terra: il substrato dovrebbe servire per tenere umido lo strato superiore, una volta che la legna e l’erba cominciano a putrefarsi e, in questo modo, utilizzare meno acqua.

Ingredienti (per 2 persone affamate).

2 cucchiaini di semi di girasole
2 fette biscottate
1/2 foglio di alga nori
1 pizzico di sale

230 g di fregola grossa
5 cucchiai di olio EVO
1 spicchio d’aglio bello grande
1 pomodoro secco
4 cucchiai di malvasia
4 cucchiai di prezzemolo tritato
4 carciofi spinosi
1/4 di limone
sale qb
1 l di acqua
2 cucchiai di salsa di soia
pepe nero qb

Procedimento.

Per prima cosa ho preparato la bottarga felice. Ho inserito nel frullatore le fette biscottate, l’alga, un pizzico di sale e i semi di girasole e ridotto tutto in piccole bricioline. Ho fatto scaldare in un padellino piccolo un cucchiaio di olio e vi ho rosolato il contenuto del frullatore per una decina di minuti.

Poi ho pulito i carciofi (in realtà è stato Fidanzato ad occuparsene), sfregandoli bene sul quarto di limone per non farli annerire, ridotti in fettine sottili, di mezzo centimetro di spessore.
Nel frattempo ho messo a bollire un litro d’acqua con la salsa di soia.
Ho tritato finissimamente il pomodoro secco e lo spicchio d’aglio, fatto scaldare 4 cucchiai d’olio EVO in una padella capiente. Ho fatto rosolare per cinque minuti l’aglio, il pomodoro secco e il prezzemolo, poi ho aggiunto 3 cucchiai di bottarga felice e i carciofi, lasciandoli rosolare per qualche minuto. Ho poi sfumato con la malvasia e lasciato evaporare l’alcol. Ho aggiunto la fregola, l’ho lasciata tostare per un minuto, dopodichè ho aggiunto tanta soluzione di acqua e salsa di soia (quella che avevo messo a bollire in precedenza) quanto è bastata per coprire la fregola. Ho abbassato il fuoco e lasciato cuocere semichiuso per una ventina di minuti, mescolando e aggiungendo acqua e salsa di soia di tanto in tanto, quando la fregola cominciava a non essere più coperta dall’acqua.
Gli ultimi cinque minuti ho salato e pepato, tolto il coperchio ed aumentato la fiamma per far evaporare l’acqua restante. Consiglio di assaggiare i pezzi più grossi di fregola: non deve rimanere croccante all’interno.

Far riposare per una decina di minuti e servire calda, aggiungendo a piacere la bottarga felice.

Chiaramente abbiamo fatto le foto all’orto in progress. Eccole, di seguito.
E no, non c’è nessuno là sotto.

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Carciofi in salamoia.

Katy li ha fatti sottolio e le ho confessato che anche io, in seguito ad un raptus di Fidanzato, tornato a casa con una cassetta di carciofi senza gambo, li ho fatti sottolio. Buoni, ma il sapore dell’aceto copre un po’ troppo quello dei carciofi.
Così mi sono ricordata di questi buonissimi carciofi in salamoia, un esperimento risalente ai tempi in cui questi ortaggi erano ancora delle primizie.

L’ispirazione viene dalle conserve di Camilla, che parla di rimboccare e non di rabboccare. Ma si può dire ‘rimboccare’ per intendere ‘riempire sino all’orlo’? Io conosco l’atto di rimboccare le coperte, ma quello di rimboccare un recipiente no. Soprattutto se di vetro. Non vedo come si possa fare, se non dentro ad un altoforno e là, dico, non ci sarebbe neppure bisogno di sterilizzazioni di sorta.

Bene Katy, ecco la ricetta dei carciofi in salamoia. Facciamo una jamming session e li proviamo in salamoia con olio? Come si potrebbe mai realizzare una simile cosa?

Chiaramente, anche se la stagione dei carciofi sta per finire, in giardino l’unica enorme pianta di carciofi si sta preparando per tirarne fuori tre, tutti insieme. Si può?

Rabbocchiamoci le maniche, orsù.

Ingredienti.

1 kg di carciofi spinosi
2 limoni
1 l di acqua
10 g di sale grosso
qualche foglia di alloro
pepe rosa

Procedimento.

In una pentola mettere a bollire l’acqua e il sale per 10 minuti, spegnere il fornello e lasciar raffreddare.
Nel frattempo preparare una ciotola in che riempiremo a metà con acqua e il succo di un limone (acqua acidulata), tagliare l’altro limone a metà,pulire i carciofi eliminando le parti più dure, sino ad ottenere il cuore più tenero, tagliarli a metà ed eliminare la peluria centrale.
Sfregare sulla metà del limone i cuori di carciofo ottenuti, per evitare che anneriscano ossidandosi, ed immergerli nell’acqua acidulata. Se, continuando a mondare i carciofi, questi superano il livello dell’acqua acidulata, bagnare leggermente un pezzo di carta assorbente, sfregarci sopra metà limone e adagiarla sui carciofi mondati.

Prendere i barattoli a chiusura ermetica, già sterilizzati. Mettere sul fondo le foglie di alloro e un cucchiano di pepe rosa in grani. Disporre i carciofi all’interno senza schiacciarli, sino a riempire il barattolo. Versare la salamoia in modo che li copra totalmente.
Aspettare un po’ per vedere se c’è bisogno di rabboccare con altra salamoia, poi chiudere il barattolo, avvolgerlo in un telo da cucina e farlo bollire per 30 minuti. Spegnere il fornello, lasciar raffreddare, estrarre il barattolo/i barattoli dalla pentola e asciugarli. Dopo due mesi di salamoia sono pronti per essere gustati. Così dice Camilla. Noi li abbiamo trovati buonissimi anche solo dopo un mese.

Il carciofo c’è davvero, ed ecco le prove.

Il mirtillo.

Il melo.

Il limone.

Buona Pasqua/Feste a tutte e tutti voi.

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Tortino di miglio

Sono stata incastrata, ahimè! Dopo un anno e mezzo a nascondermi nell’ombra, un paio di giorni fa è arrivata la proposta.
“Ti va di fare un intervento alla riunione di martedì prossimo?”
“Ehm, non so, mi sta già salendo l’ansia. Ci saranno tante persone, non so se è il caso…”
“Dai, allora ti segno!”
“No, ma non è un sì!”
“Dovrai pur iniziare…”
“Sì, ma non col botto, così…”

E infine ho detto che sì, farò questo intervento.
Perciò da quattro giorni non penso ad altro e vado in giro a lamentarmi dicendo che dovrò intervenire in una riunione, a nome della mia categoria.
Potevo esimermi dal lamentarmi anche qua!? Sì!

No!
Mi è stato detto di fare esercizi allo specchio, ma se non ho un discorsetto pronto come faccio ad esercitarmi? Ho buttato giù un paio di fatti e di frasi ma niente di organico e sto facendo di tutto pur di evitare il momento fatidico in cui dovrò cimentarmi con la voce. Perfino fare le pulizie non mi è pesato, in questi giorni.

I consiglieri più saggi dicono di scrivere una scaletta e di prepararsi su quella. I consiglieri che sfottono dicono che, nei momenti di panico, è utile immaginarsi che quelli delle prime file siano in mutande. I consiglieri amici blogger hanno qualche consiglio o qualche esperienza da condividere con una povera lamentela ambulante?

Questa sera mi sono distratta facendo un tortino di miglio da leccarsi le sopracciglia, approfittando di alcuni carciofi che Fidanzato ha arrostito ieri sul fornetto da campo.


Ingredienti (per 2 voraci persone).

250 g di miglio
500 ml di brodo vegetale
2 cucchiai di olio EVO
1 cipolla rossa di tropea
2 cucchiaini di salsa shoyu
2 cucchiai di farina di ceci
1/2 cucchiaino di pepe bianco in polvere
3 cucchiai di okara di mandorle e nocciole

100 ml di panna di soia
3 cucchiai di yogurt di soia al naturale
1/2 cucchiaino di sale
2 cm di zenzero fresco grattugiato
2 carciofi arrosto
1/2 cucchiaino di senape
latte vegetale qb
1 cucchiaio di amido di mais
qualche carciofino sottolio (opzionale)

Procedimento.

Ridurre la cipolla in piccoli pezzi, e metterla in una padella con l’olio a soffriggere. Quando la cipolla comincerà a sfrigolare, aggiungere anche il miglio e lasciarlo insaporire per 3 minuti, “spadellando” di tanto in tanto.
Aggiungere il brodo e la salsa shoyu, coprire e lasciar cuocere per 25 minuti circa o sino ad assorbimento del liquido da parte del miglio, girando ogni tanto.

Quando il miglio è cotto, lasciarlo raffreddare per una decina di minuti, versarlo in una ciotola capiente e aggiungere la farina di ceci, il pepe bianco e l’okara di mandorle e nocciole.

Accendere il forno a 200° C, foderare una teglia con carta da forno e distribuirvi il composto formando uno strato alto 1 cm e livellando con un mestolo o un cucchiaio. Infornare per 20 minuti.

Per preparare la crema, privare i carciofi arrosto delle foglie più dure e delle parti più coriacee, eliminare la peluria centrale, tagliarli a pezzetti e aggiungere la panna, lo zenzero e frullare col frullatore ad immersione, aggiungendo del latte vegetale qualora il composto fosse troppo secco. Setacciare la crema ottenuta per eliminare eventuali filamenti. Metterla in un pentolino insieme all’amido di mais, al sale, alla senape e allo yogurt e portare il composto ad ebollizione o sino alla densità desiderata, mescolando di continuo.

Sfornare il miglio e lasciarlo raffreddare, dopodichè ricavarne 6 dischi con un coppapasta.
Tagliare i carciofi sottolio in piccoli pezzi e comporre il piatto alternando un disco di sformato di miglio ad uno strato generoso di crema ai carciofi (3 dischi per piatto).

Terminare con uno strato di crema ai carciofi, qualche pezzetto di carciofo sottolio e una spolverata di pepe nero.

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BeanBurger ai cannellini. Forno Teglia

Ritornano le paranoie lessicali, ereditate dalla cara Dona.
No, non è per giocare a fare scaricabarile, ma certe finezze, se non le leggo o se non mi vengono fatte notare in qualche modo, io proprio non le colgo.
Questa volta, però, mi sembra più facile che per la bis-cotta, nevvero?
D’altronde credo che ‘ham’ significhi ‘carne’. E ‘burger’ significa ‘burger’.
‘Bean’, invece, oltre che una cosa da programmatrice nerd che risparmio alle pagine di questo blog, significa ‘fagiolo’. In senso generico. Come ‘carne’, in senso generico (sto leggendo ‘Eating Animals’, finalmente. O ‘Se niente importa’, come è stato tradotto. “Se niente importa, non c’è niente da salvare”, come disse la nonna).

Divagazioni a parte, la genesi è questa: c’era una volta una coppia di novelli conviventi che andava a fare la spesa praticamente ogni giorno, portando in casa più ingredienti di quelli che effettivamente servivano alla loro cucina e stipandoli nella stanza degli orrori, anche detta ‘stanza del casino’. Quasi due anni dopo, quando le incursioni al supermercato si furono drasticamente ridotte, lei ritrovò nello scaffale della stanza degli orrori un pacco di fagioli cannellini e, presa dal sacro fuoco della pasta e fagioli, decise di metterli a bagno. Tutti.

Morale. La pasta e fagioli ci è piaciuta molto. Chiaramente non ci sono serviti mezzo chilo di cannellini secchi per farla, perciò il rimanente è stato usato per i burger, i beanburger. E i beanburger avanzati, cotti, sono finiti direttamente nel congelatore.
Serviti con una salsa yogurt+mostarda e un’insalata verde+pera+semi di zucca+succo di limone+ olio, sono stati un pranzo veramente soddisfacente.



Ingredienti (per circa 15 beanburger).

400 g di cannellini secchi
1 pezzo di alga Kombu
4 carote di dimensione media
1 mazzetto di prezzemolo
1 cucchiaino di capperi sotto sale
2 cucchiaini di mostarda forte
2 spicchi d’aglio
1/2 porro
1 cucchiaio di mandorle tostate
2 cucchiaini di cumino
2 cucchiaini di semi di sesamo
2 cucchiaini di coriandolo
2 cucchiaini di semi di finocchio
pangrattato qb
sale qb
1/2 bicchiere d’olio EVO
farina di mais qb per la panatura

Procedimento.

Mettere a bagno i cannellini per 10 ore, cambiando l’acqua almeno due volte. Scolarli, metterli dentro una pentola capiente e coprirli abbondantemente con acqua. Aggiungere l’alga e lasciar cuocere per circa un’ora.
Scolare, eliminare l’alga e lasciare raffreddare i fagioli.
Macinare finemente tutte le spezie. Noi abbiamo usato il fido macina caffé elettrico.
In un frullatore inserire prima le carote (lavate e tagliate a pezzi), il porro, l’aglio, la senape, le spezie, il prezzemolo, le mandorle e i capperi, con metà dell’olio EVO. Frullare e, dopo aver ridotto tutti gli ingredienti in piccoli pezzi, aggiungere i fagioli, l’olio rimanente, la mostarda e continuare a frullare sino ad ottenere un composto omogeneo. Trasferire in una ciotola e salare secondo gusto. Aggiungere pangrattato quanto basta per rendere leggermente più compatto il composto, ma non asciutto. Per regolarmi io aggiungo il pangrattato poco per volta, impasto, lascio riposare un paio di minuti e poi controllo se c’è bisogno di altro pane. In questo modo dò al pane il tempo di assorbire l’umidità dell’impasto.

Versare un po’ di farina di mais in un piatto, prelevare un po’ d’impasto, compattarlo e appiattirlo per formare un disco non più spesso di un centimetro. Panare nella farina di mais e cuocere su una piastra, 10 minuti per lato.

Un appunto sulla piastra. Avremmo potuto cuocerli al forno, ma li abbiamo sparati dentro al forno teglia. Chi lo conosce?
E’ lui.

Questo ritrovato della scienza e della tecnica è stato scoperto da Suocera, che lo usa per cucinare delle buonissime pizze.
Si poggia sul fornello grande e all’interno del coperchio ha una resistenza che funge da grill e che va collegata alla presa di corrente.
Le pizze si cuociono una per volta e in appena 3 minuti.
Ricevono quella botta di calore che è simile alla cottura nel forno a legna in pizzeria. Vengono davvero buonissime.
Per cuocere due pizze, contando almeno cinque minuti perchè il forno teglia diventi ben caldo, bastano 11 minuti di consumo di gas e corrente elettrica (il consumo è di 1 kWatt/h).
Ci si possono inoltre grigliare le verdure, cuocere le patate in un tempo molto minore rispetto al forno e con risultati ottimi.
Fidanzato ci fa anche le caldarroste, ma non hanno nulla a che vedere con quelle originali.

Poi ci si possono cuocere i burger.
Io sono contentissima di questo acquisto. Era costato 90 euro, ordinato direttamente dal sito dell’Altema, ma in questi anni si è ampiamente ripagato. No, l’Altema non mi ha pagata per scrivere questa recensione, però lo considero un ottimo prodotto, anche se l’avrei preferito col coperchio rosso.

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Torta salata ricotta (bis-cotta) e asparagi selvatici.

Ho fatto la ricotta, un’altra volta e sempre col latte munto dalla mucca elettrica. Questa volta ho usato il procedimento che mi ha suggerito la preziosissima Miss, erba cipollina a parte. E ho fatto anche la furbetta, aumentando la quantità di soia usata per fare il latte: 1 l d’acqua, 130 g di soia.
Devo dire che ho ricavato almeno 50 g in più di ricotta, ma non chiedetemi perchè: ho il sospetto che sia legato alla percentuale di proteine. Mi informerò meglio ma per il momento… non sapevo che tempo fa la ricotta fosse considerato un formaggio di serie B (o di siero B, che simpaticona!), ma leggendo qua e là ho scoperto che il termine “ricotta” fa riferimento al fatto che viene prodotta col siero caldo avanzato dalla lavorazione del formaggio. Perciò ri-cotta, cotta due volte.

A questo punto mi sembra doveroso precisare che anche quella fatta col latte di soia è una ri-cotta, poichè viene fatto col siero che avanza dall’okara. Fila?! No!? Allora possiamo chiamarla bis-cotta. E neppure veg, proprio biscotta.

Bene, io con questa biscotta avrei dovuto farci le pardule, ma in questi giorni di convalescenza io e la pasticceria non siamo per niente allineate. Perciò ho lasciato perdere i dolci pasquali per pensare alla cena, guardando dubbiosa quegli asparagi nel vasetto pieno d’acqua i quali, rispondendo al mio sguardo, mi hanno sibilato: “Che ci guardi!? Cucinaci e piantala di dire “biscotta”!!!”

Ingredienti.

1 rotolo di pasta sfoglia
250 g di ricotta di soia
100 g di patate
100 g di porro
olio EVO qb
2 cucchiai di yogurt di soia
200 g di asparagi
2 cucchiai di pistacchi tritati
sale, pepe e noce moscata qb

Procedimento.

Cuocere al vapore gli asparagi per 10 minuti.

Pelare le patate, farle a fette di 5 mm e ridurre il porro a rondelle. Scolare gli asparagi e separare le punte dal gambo. Affettare i gambi a rondelle.
Ungere una padella con un filo d’olio e metterlo sul fornello a fuoco moderato. Lasciarci rosolare lo spicchio d’aglio, in camicia per 2 minuti. Togliere lo spicchio d’aglio e aggiungere il porro, le patate e i gambi degli asparagi. Fare stufare col coperchio, a fiamma bassa, sino a quando la patata non si sfalda. Ridurre il contenuto della padella ad una crema, salare, pepare e lasciar raffreddare.

Accendere il forno a 200° C.
In una ciotola mescolare la ricotta con lo yogurt, aggiustare di sale, pepe e noce moscata. Incorporare la crema di patate, asparagi e porri, mescolando sino a rendere il composto omogeneo.

Porre  la pasta sfoglia in una teglia foderata con carta forno, distribuire il ripieno e adagiarci sopra le punte degli asparagi. Spolverare con i pistacchi tritati e infornare a 200° C per 25 minuti.

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Farifrittata ai porri del giardinetto

Voi ci credete alla telepatia, alle coincidenze e tutte quelle cose lì?
Io ci ho sempre fatto caso ma ancora non mi sono fatta un’idea precisa.
E’ che da quando ho questo blog mi trovo a sperimentare ricette che altre “compagne di bloggate” stanno già sperimentando quasi in contemporanea in varie parti d’Italia e perciò mi chiedo se ci sia un modo in cui riusciamo a condizionarci nella scelta del pasto tra di noi.
Mettendo da parte le varie filosofie, sull’ondata del post sulla gallina Isotta della salvatrice di galline autostradali CescaQB (ti stimo, fratella!) e ispirata enormemente dalla farifrittata alle erbe della cara Arianna, ho prodotto questa farifrittata di porri con un sentore di cipolle, pochi giorni prima di cadere vittima del raffreddore (non andate a cercare asparagi mentre fuori c’è l’uragano Irene senza portarvi appresso una cuffia e una sciarpa, ve ne prego).

I porri vengono da Orticellobello. Non so quanti mesi abbiano: so solo che per tanto tempo abbiamo aspettato che prendessero forma di porro e si slanciassero, invece sono rimasti bassotti e tozzi. Sarà colpa del clima? Comunque si sono rivelati saporitissimi, perciò confermiamo che , anche sotto forma di botte piccola, i nostri amici “cipolloidi” sono riusciti a farci gustare un vino buono.

Ingredienti.

100 g di farina di ceci integrale
200 ml di latte d’avena
1/2 cucchiaino di sale grosso
1/2 cucchiaino di curcuma
una macinata generosa di pepe nero
2 piccoli porri
1/4 di cipolla bianca, grande
1 spicchio d’aglio
olio EVO qb
Procedimento.

Preparare la pastella setacciando la farina e aggiungendo il latte poco alla volta, mescolando con una frusta.
Aggiungere sale e curcuma mescolando bene. Infine aggiustare di pepe e lasciare a riposare in frigo per almeno un’ora.


Tagliare la cipolla a fettine sottili. Lavare bene i porri e farne delle rondelle: ho cercato di salvarne il più possibile.
Scaldare un filo d’olio evo in una padella e grattugiarci sopra lo spicchio d’aglio. Aggiungere il porro e la cipolla e lasciar rosolare per un paio di minuti. Spegnere la fiamma e lasciar raffreddare.

Aggiungere i porri e la cipolla alla pastella, scaldare un filo d’olio su una padella antiaderente e versarci il composto. Cuocere a fiamma bassa almeno dieci minuti per lato.

Servire caldo.

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