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Incontri e cestinetti di frolla ripieni di crema vegan di Dona.

Mi si perdoni la sparizione, ma ogni tanto mi prende così.
Quel senso di pigrizia passeggero che si protrae anche per un mese. Lo scatto della coscienza che dice ‘E mò basta!’, si alza dal divano, fa una cosa molto velocemente e poi ci si riaccascia di nuovo, come se nulla fosse accaduto.
Sono stati giorni di viaggi, di gare, di foto, di orto, di serie televisive. Chi non ha mai visto ‘Mad Men’? Rischiando anche di spoilerare un po’, vi dico solo che è quella serie americana ambientata negli anni ’60/’70 che racconta la vita di un’agenzia di pubblicitari che trombano come ricci.
C’è di più, chiaramente, ma la frequenza e le situazioni improponibili pensate dagli sceneggiatori per fare accoppiare i personaggi, in particolar modo il protagonista, sono quasi imbarazzanti.
Però è una bella serie televisiva, curata nei dettagli dell’ambientazione: io e Fidanzato siamo rimasti bloccati in un campo di forza situato tra il divano e il televisore per settimane, andando a dormire tardissimo, trascurando blog e letture varie, solo per vedere che senso avrebbe preso la trama.

E quindi eccomi qua, con una ricetta di quasi un mese fa. Era pronta da pubblicare, eh.
Poi avvenimenti imprevisti hanno preso la meglio sulla mia voglia di condivisione ed eccoci qui.

Fortunatamente (o stranamente) ho segnato tutto. Ma se anche non avessi segnato il necessario, l’idea è stata scopiazzata dalla ricetta della crostata pere e creme Vegan (che io leggo con accento francese chic) postata da Dona, tempo fa.

Per la frolla alle nocciole.
Ingredienti.

90 g di nocciole
40 g di olio EVO
40 g di acqua
90 g di farina
30 g di malto di riso
20 g di zucchero di canna
scorza di un’arancia bio
1 cucchiaino di estratto di cardamomo e vaniglia
1 pizzico di bicarbonato di sodio
1 pizzico di lievito per dolci

Procedimento.

Tritare in un mixer le nocciole, riducendole in una farina abbastanza grossolana. Unire tutti gli ingredienti in una ciotola, impastare fino a formare una palla compatta da lasciar riposare in frigo, coperta per mezz’ora.
I più fortunelli possidenti di stampini che consentono di creare le tartellette dovrebbero usare quelle, senza lamentarsi. Chi, come me, è sempre poco dotato di attrezzi utili, potrà arrangiarsi con gli stampini mignon per muffins, stendendo la sfoglia alta circa 5 mm e ritagliando con uno stampo da biscotti tondo tante piccoli cerchi.
Posizionare uno stampino al centro del cerchio di pasta e sollevare i bordi di quest’ultimo cercando di farli aderire alle pareti dello stampino, creando un piccolo cestino. Capovolgere su una placca da forno e cuocere in forno caldo a 190° C per circa 20 minuti, o sino a che non si sono “abbronzati” un po’. Sfornare, staccare gli stampini e lasciar raffreddare.

Nonostante il lavoro certosino nel farli abbracciare agli stampini da muffins, i miei cestinetti sono venuti fuori un po’ strani.

Gli ingredienti per la crema sono gli stessi della ricetta di Dona, solo che  ho dimezzato le dosi, dovendo fare solo la crema al cioccolato.
Non essendo dotata neppure di sac à poche, ho preso un sacchetto per il freezer e l’ho riempito con la crema, tagliato uno degli angoli e riempito tutti i cestinetti. Non credete a chi vi dice che essere Macgyver è fico: non è così. Almeno, non con i miei sacchetti da freezer.

Terminato di lanciare maledizioni contro i sacchetti da freezer ho preso una banana ben matura, una confezione di fragole,mezzo limone e due scodelline. Ho spremuto il limone e aggiunto al succo un po’ di zucchero (assaggiare!) e l’ho diviso nelle due scodelle: in una ci ho messo le fragole tagliate a pezzetti, nell’altra la banana. E’ per non far ossidare la frutta ed evitare che le banane diventino nere quando, alla fine della cena, si tira fuori il dolce.

Il post non è finito qua. Cosa faccio? Sparisco e poi vi ammorbo!?
Certo che sì.

Sono appena tornata da un fantastico viaggio a Firenze con Fidanzato. Io e Fidanzato ogni volta che visitiamo un posto che ci piace diciamo che ci andremo a vivere in un determinato momento della nostra vita. Chiaramente non lo facciamo mai, ma se volete una dichiarazione d’amore per un posto particolare l’avrete quando ci sentirete dire una frase del tipo ‘Verremo a vivere qua quando mi crescerà il dente del giudizio in alto a destra’, per esempio.

Se doveste passare per Firenze, dovete assolutamente fare un pasto abbondante da Dolce Vegan. Cheesecake ai frutti di bosco e parmigiana vegan sono senza dubbio da non perdere.
E se siete nei pressi di piazza Santo Spirito, fermatevi all’Osteria Santo Spirito a gustare la loro ribollita servita in porzioni abbondantissime e gustose. O la panzanella. O gli spaghetti alla chitarra con pomodoro e basilico. O la minestra di farro. Tutto assolutamente speciale e abbondante (una porzione soddisfa due mangioni).

Firenze ci ha sconvolti con la sua bellezza e con la bellezza dei paesini vicino. Noi, in realtà, abbiamo visitato solo Fiesole col suo monastero che ci ha fatto venir voglia per 5 minuti buoni di prendere i voti, e Pozzolatico con la sua Sagra del Seitan. E proprio qui abbiamo passato un po’ di tempo con la mitica coppia Cesca QB*LOVE*Uomo Alfa.

Finalmente.

E stare in loro compagnia è stato davvero un piacere, davvero. E’ stato come incontrare qualcuno che non si vedeva da tanto tempo. In realtà è stato proprio così.
Io passo molto tempo ad immaginare come andranno le cose. Tipo: l’arrivo in un locale in cui c’è un concerto, l’arrivo all’appartamento in cui dovrò alloggiare durante un viaggio, l’incontro con una ragazza che ha un blog divertentissimo e pieno di ricette meravigliose. Cose così. Capita che pensi – che so – alle sensazioni, alle emozioni, a volte anche alle cose da dire e da chiedere e ad eventuali momenti di silenzio. Sono una paranoica degli incontri e degli impegni che prendo con gli altri. A volte azzecco quasi tutto, solo con la fantasia. Ma il più delle volte capita che mi sorprendano gli eventi e non succeda nulla di quello che avevo pensato. Ma dico io, dove lo troverò tutto questo tempo per pensare alle cose prima che succedano, con tutte le serie televisive che guardo?
Tutto questo preambolo per dire che l’incontro con Cesca&Uomo Alfa mi ha sorpresa. Non ricordo cosa avessi immaginato, so per certo che ero convinta che sarebbe andato bene. Ma è stato di più, è stato esattamente passare dei momenti piacevoli con delle persone che sai che sono meravigliose e che ti dispiacerà salutare perché hai la certezza che passerà del tempo prima di rivedersi. E però ringrazi, perché sei riuscita a passare del tempo con loro, anche se poi sei uscita mostruosa nelle foto e loro si ricorderanno di te come un piccolo sgorbietto che si ingozzava di arrosticini alla Sagra del Seitan, che poi è la verità.

Vi saluto lasciando un pensiero alle amiche blogger che in un modo o nell’altro sono state coinvolte nel terremoto e segnalando a mia volta una pagina Facebook per dare un aiuto alla popolazione colpita dal sisma di Novi di Modena, qua.

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L’erbivoretta vien dalla campagna con un premio.

Sono stata nominata da Felicia e sono contentissima perchè l’onorificenza è ‘Cake blog di qualità’. Grazie Feli, provvedo subito ad elencare la mia hit parade di dolciumi.

1. Torta tiramisù : il mio animo blogger mi sta dicendo che dovrei spendere due parole su questo dolce, ma la mia nuova attitudine campestre mi spinge a credere che non servano altre parole e che voi, che mi seguite con tanto affetto, capirete perchè è il vincitore. Oops, ho speso più di due parole.

2. Muffins ciocco-arancia di CescaQB : dovete assolutamente provarli, almeno sino a quando riuscite a trovare delle arance. Sono tra i dolcetti più buoni del mondo ed io, personalmente, li ho adottati.

3. Cookies nocciole e cioccolato, aka cookies natalizi: danno assuefazione, garantito!

4. Torta allo yogurt e marmellata della colazione : non ho ancora condiviso la ricetta, ma vi assicuro che lo farò presto e che questa torta merita assai…

5. Cestini di frolla alle nocciole con crema al cioccolato e banane : prendete la crostata pere e creme vegan della meravigliosa Dona, sostituite un po’ di ingredienti per ottenere una frolla alla nocciola, createne dei cestinetti, riempiteli con la sua crema al cacao ed ecco la meraviglia.

6. Baci di dama : forse un po’ di Photoshop potrà aiutarci a vederli nella giusta luce, comunque uno tira l’altro.

7. Torta al cioccolato : devo assolutamente postare anche la ricetta di questa torta, mea culpa.

E adesso arriviamo alle note dolenti. La regola è passare il premio ad altri 10 blogger meritevoli, ma io credo che ogni blog che seguo si meriti questo riconoscimento perciò, è qui: prendete e godetene tutti e condividete la vostra personale classifica di dolci che, in periodo di prove bikini imminenti, ci sta sempre bene. Così, per farci del male.

Intanto, in un appezzamento di terra non molto lontano dalla dimora dell’erbivora, il progetto di un piccolo orto organizzato a bancali continua la sua saga.

 

Strani cavi partono da un tubo per collegarsi ai bancali, creando dei piccoli motori che, si spera, potranno dare la vita a qualcosa.

E il 5 maggio i primi inquilini prendono possesso delle loro stanze, saggiando il terreno. Qualche seme di cipolla, di sedano, di cerfoglio e di zucca è già germogliato, messo a dimora direttamente sul bancale.

Ci sono melanzane, pomodori San Marzano, cetrioli, zucchine bianche e verdi, meloni, peperoni gialli e rossi ed è pronto un piccolo bancale più basso per le fragole. E il gelso e il nespolo ci fanno capire che i loro frutti sono quasi maturi. Speriamo bene.

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V per Savoiardi Vegan.

Dal momento che un simpatico virus intestinale ci ha costretti entrambi a casa in questo periodo di ponti e di feste del lavoro che c’è ma non si vede, mi sfogo utilizzando la mia unica mattinata di malattia per produrre dei biscotti da colazione ormai collaudati.

La prima volta che li ho provati sono venuti buonissimi, ma davvero una schifezza a vedersi. Sono meravigliosi per il té, per la colazione e per farci i dolci da cucchiaio. Non sapevo se chiamarli “Biscotti perfetti per un buon vegan-tiramisù” oppure “Savoiardi Vegan” o “Savoiardivì”.

In medio stat virtus, perciò il titolo di questo post è “Savoiardi Vegan”. Secondo me il sapore ricorda vagamente quei biscottoni. La leggera croccantezza esterna che contrasta con la morbidezza interna ancora di più e li rende perfetti per i dolci da cucchiaio.

Ora che la ricetta è collaudata, assolutamente condivido. Se ci sono suggerimenti per diminuire lo zucchero rimpiazzandolo con altro ingrediente, sono qui che aspetto con le orecchie verso il soffitto e tirate leggermente verso l’esterno. A mò di parabola, insomma.

 

Ingredienti.

380 g di farina
20 g di fecola di patate
80 g di frumina
100 g di margarina senza grassi idrogenati
180 g di zucchero di canna
170 g di latte di soia + 20 g di acqua (o 190 g di latte di riso)
2 cucchiai di sciroppo di riso
1 cucchiaino di bicarbonato
1/2 cucchiaino di vaniglia in polvere o estratto di vaniglia
2 cucchiaini di lievito per dolci

Procedimento.

In una ciotola capiente setacciare per bene tutti gli ingredienti secchi, escluso lo zucchero. In un’altra ciotola, sciogliere lo zucchero dentro il latte, aggiungere la margarina, lasciata sciogliere a temperatura ambiente e unire agli ingredienti secchi, sino a formare un impasto omogeneo e abbastanza appiccicoso.  Lasciar riposare in frigo per almeno un’ora.
Trascorso questo tempo accendere il forno a 190° e, aiutandosi con un cucchiaio e con le mani umide, prelevare delle piccole porzioni di impasto dalla ciotola e disporle su una teglia foderata di carta da forno. Lisciare la superficie dei biscotti con un dito bagnato d’acqua e infornare per 15 minuti, o sino a leggera doratura.

Sfornare, lasciar raffreddare su una gratella e conservare in un barattolo a chiusura ermetica.

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Sorbetto all’arancia.

Non so perchè in questi giorni mi è presa la voglia di cimentarmi nel sorbetto. E’ stato un chiodo fisso per una settimana intera e infine sono riuscita a trovare una sera per farlo.

Non ho la gelatiera, perciò ho usato il classico metodo ‘Metti in freezer per un’ora, togli dal freezer e mescola bene’ per almeno 4 volte. Il risultato è stato apprezzatissimo, la nostra colazione del sabato mattina. Vabbè che qua sta piovendo, c’è il vento e non sembra sicuramente estate, ma io e Fidanzato abbiamo deciso così e così è stato.

Martedì è stato il gran giorno per me, quello del mio primo discorso in pubblico. Ringrazio voi blogger per avermi lasciato i vostri consigli, i video educativi, le esperienze e gli in bocca al lupo perchè mi sono serviti tantissimo.

Ma ecco come si è svolto il tutto.

La sera prima mi chiamano per dirmi che nel mio discorso avrei dovuto parlare solo di un determinato argomento, lasciandone fuori altri che mi ero preparata. Così era l’ordine del giorno.
E sì che erano solo cinque minuti, tassativi. E sì che durante il pomeriggio ho ammorbato Fidanzato, io, in piedi davanti al divano, nella posa del piccolo coro dell’Antoniano, che guardavo il soffitto esponendo le mie argomentazioni e Fidanzato che, armato di cronometro, cercava di fornirmi spunti e suggerimenti. E sì che con quegli argomenti che non avrei più dovuto esporre sforavo di circa due minuti dai cinque minuti imposti.

Però che ti cambino la prospettiva a poche ore dal tanto atteso momento, signori, siamo seri.

La mattina dopo, coi nervi a fior di pelle, recupero i miei foglietti e parto per il patibolo. Durante il tragitto ripeto quattro o cinque volte il mio nuovo discorso, rivolta ai semafori, all’omino giallo con la testa che dondola insediato sul mio cruscotto, anche ai simpaticoni che mi tagliano la strada, infervorandomi ogni volta.

Arrivo al luogo prefissato per il convegno, mi faccio strada salutando e ricevendo pacche sulle spalle d’incoraggiamento, faccio il mio ingresso nella sala e mi posiziono in prima fila.
Una doverosa precisazione sulla conformazione della sala, che è predisposta per poter raddoppiare le sue dimensioni, in barba a tutte le leggi della fisica, semplicemente con un muro scorrevole, a scomparsa. E senza dover tirare nessuna leva.

Quando sono entrata io il muro era ancora lì. Quando mi sono avvicinata al microfono non c’era più e al suo posto c’era una marea di gente che aspettava di sentire cosa avevo da dire.

Ho cominciato con un “Buongiorno a tutti”, ho continuato presentandomi, ho cercato di disporre i foglietti per poterli leggere agevolmente ma non c’era nulla da fare: quelli non si sistemavano. Allora ho pensato ‘Pazienza, comincia, poi troverai un modo per continuare!’
E ho cominciato, da vera sbruffona, con la mia battuta iniziale, simpatica e ironica, a mio parere.
Dopo il primo applauso, che non mi aspettavo, ho perso il filo. Una decina di secondi per stabilizzarmi, fare respiri profondi (non sul microfono!) e cercare il segno nei foglietti, che ormai erano inutili. Ho mormorato un “Scusate…” e là è partito il secondo applauso di compassione, questo sì.

Ho ripreso a parlare, come se stessi cercando di spiegare qualcosa ad un paio di amici, sono riuscita a dire quasi tutto quello che avevo da dire, a volte con qualche ripetizione e con qualche vocabolo non troppo azzeccato. Infine, levitando, sono scesa dal palco con i miei foglietti stropicciati e, con le bollicine dentro la testa, mi sono diretta verso la mia sedia. Non faccio in tempo a sedermi, ancora tutta frastornata, che vedo un donnone sorridente che mi stringe e mi bacia “Brava, brava! Hai detto delle cose verissime! E’ la mia alunna!”
Ed era la mia maestra delle elementari, la mia maestra preferita! Si trovava lì, anche lei!

Il mio era il penultimo intervento, perciò dopo mezz’ora mi sono ritrovata libera, a ricevere complimenti, salutare gli amici, prendere  la macchina e tornare in azienda, ancora frastornata.
E’ stata un’esperienza bellissima. Non so se voglio rifarla, ma per il momento sono contenta di averci provato.

Ed ora veniamo al sorbetto.

Ingredienti (per 2 persone).

125 ml di acqua
62 g di zucchero semolato
125 ml di succo d’arancia fresco (io ho usato un’arancia tarocco)
50 ml di succo di limone (mezzo limone di dimensioni medie)
la polpa della spremuta d’arancia
4 g di agar agar

Procedimento.

Mettere nel freezer il recipiente che useremo per contenere il sorbetto.
In un pentolino mettere l’acqua e lo zucchero, porre sul fornello a fiamma bassa e portare ad ebollizione per un minuto, mescolando sino al completo scioglimento dello zucchero. Spegnere il fornello e lasciar raffreddare lo sciroppo.
Spremere l’arancia e filtrare bene il succo con un colino. Spremere anche il limone. Unire il succo d’arancia allo sciroppo, mescolando bene. Aggiungere anche il succo del limone e mescolare. Munirsi di frullatore ad immersione, aggiungere la polpa e frullare, mettendo il frullatore di sbieco, in modo che venga incorporata più aria possibile ( e in modo da sporcare più superfici possibile).
Aggiungere l’agar agar, continuando a frullare.
Fare 3 cicli col frullatore di massimo 5 minuti ciascuno, aspettando qualche minuto fra un ciclo e l’altro in modo da non fondere il motore. Chi ha una gelatiera può fare solo un ciclo e poi mettere tutto dentro la gelatiera.

Tirare fuori dal freezer il recipiente e versarci il composto, coprire, posizionare nuovamente dentro al freezer per un’ora, tirarlo fuori e mescolare, rompendo eventuali cristalli di ghiaccio. Coprire e mettere nuovamente in freezer per un’ora, poi estrarlo e mescolare di nuovo.
Questo procedimento l’ho fatto per 4 volte di seguito. Alla quarta volta la consistenza era quella desiderata.
Si conserva in freezer. Lasciarlo fuori dal freezer almeno 5 minuti prima di servirlo. Aggiungendoci del succo d’arancia fresco, è la morte sua.

 
 

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Biscotti alle arachidi salate e cacao. Per Dany.

Sui biscotti non c’è molto da dire.
Ammetto che non si aggiudicano nemmeno una menzione nella hit parade dei biscotti sani, ma meritano davvero: almeno una volta all’anno ce li si può concedere.
Si prestano benissimo ad essere sgranocchiati durante un lungo viaggio in treno oppure inzuppati in un buon tè caldo alla vaniglia, con dei gattoni che ti girano intorno, mentre racconti gli ultimi sviluppi della tua vita a qualche amica.
Ce li vedo benissimo anche su un piattino, nel tavolino vicino al divano, che aspettano di essere addentati dalla più vicina lettrice, assorta in uno dei suoi libri o dei suoi fumetti preferiti.
E’ per questi e per altri motivi che li voglio dedicare a Dany. Non posso agganciare un link al suo nome perchè lei non ha un blog, ma so per certo che, spesso in punta di piedi, passa da queste parti.
Ciao Dany, spero che possano strapparti un sorriso.

Ingredienti.

250 g di arachidi salate
90 g di polpa di avocado maturo (come Feli insegna)
35 g di burro di soia (o margarina)
250 g di zucchero semolato
2 cucchiai di acqua + 2 cucchiai di fecola (“fecoluovo”)
1/2 bustina di lievito in polvere
1 cubo di cioccolato fondente ridotto in scaglie
185 g di farina
40 g di cacao in polvere
Procedimento.

Accendere il forno a 180°C.
Amalgamare la polpa dell’avocado e il burro con un frullatore ad immersione, fino a ridurli in crema.
Inserire in un robot da cucina le arachidi e metà dello zucchero e frullare ottenendo una pasta (le arachidi devono rilasciare l’olio) con ancora pezzetti di arachidi.
Aggiungere le arachidi alla crema di avocado e burro, unire lo zucchero,  il “fecoluovo” e impastare con le mani. Setacciare insieme la farina, il cacao e il lievito e aggiungere all’impasto. Per ultimo, incorporare il cioccolato in scaglie. Preparare una teglia, foderandola con della carta forno.
Con le mani leggermente umide (l’impasto è abbastanza appiccicoso) formare delle palline di circa 4 cm di diametro e appiattirle leggermente. Disporre sulla teglia i biscotti ottenuti e infornare per 15 minuti. Dopo averli sfornati, lasciarli raffreddare almeno per una ventina di minuti, prima di trasferirli su una gratella.

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Torta veneziana alle carote rivisitata (senza glutine).

Quando ho raccontato che Sky è entrata nella nostra vita, non ho parlato bene di Nigellona e non intendo farlo neppure ora.
Ogni volta che guardo la sua trasmissione continua a rivolgerle domande sprezzanti alle quali lei non si degna di rispondere: imperterrita, si incaponisce a versare ingredienti a casaccio in posti qualunque pur di non rispondere alle mie illazioni.
Per farmi perdonare devo spezzare una lancia in suo favore a proposito della torta alla quale mi sono ispirata e che lei è stata così brava a condividere.

Qui c’è la ricetta originale di Nigella.

Servirebbe la farina di mandorle, che non ho trovato.
Servirebbe l’uvetta passa che Fidanzato schifa da lontano.
Servirebbero le uova che ora so come sostituire senza paura, grazie alla Cesca-mito e alla sua zebra cake, rifatta divinamente anche dall’estrosisissima Marta in versione carnevalesca.

Questa è una torta “rusticona”, non c’è bisogno di farciture particolari o di abbellimenti scenografici. Quella pioggia di pinoli tostati, secondo il mio modesto parere, la rende bella e accattivante. E’ adatta per la colazione e per il tè, per la fame nervosa e per la fame vera, ma se qualcuno mi permettesse di provarla con l’uvetta passa, beh, credo che sarebbe davvero molto molto più buona.

Ingredienti.

5 cucchiai di olio d’oliva (non extravergine)
130 g di zucchero semolato
3 cucchiai di pinoli
200 ml d’acqua + 30 g di semi di lino
2 carote medie
60 ml di cognac
1 cucchiaino di estratto di vaniglia e cardamomo
150 g di farina di riso integrale
100 g di farina di castagne
1/2 cucchiaino di noce moscata grattugiata
il succo e la scorza di 1/2 limone
3 cucchiai di acqua
1 cucchiaino di lievito per dolci
1/2 cucchiaino di bicarbonato
4 cucchiai di mandorle grattugiate finemente

Procedimento.

Far tostare i pinoli in un padellino, a fuoco moderato. Quando il profumo dei pinoli comincia a spandersi, toglierli dal fuoco e metterli da parte, lasciandoli raffreddare.

Preparare gli “albumi”: mettere sul fornello un pentolino con l’acqua e i semi di lino, mescolando continuamente. Portare a bollore, abbassare la fiamma al minimo e mescolare per altri 4 minuti. Con un colino, scolare i semi di lino, recuperando il liquido di cottura che diventerà sempre più gelatinoso man mano che si raffredda. Mettere da parte e lasciar raffreddare.

Grattugiare le carote e metterle fra due pezzi di carta assorbente, rigirandole per asciugarle.

In una ciotola capiente versare l’olio e lo zucchero e mescolare con una frusta in modo che si amalgamino per bene e che venga incorporata più aria possibile. Aggiungere gli “albumi”,l’estratto di vaniglia e cardamomo, il cognac e continuare a mescolare energicamente e con movimenti ampi (sempre per la questione dell’incorporazione dell’aria).

In un altra ciotola setacciare insieme le due farine, il lievito e il bicarbonato. Versarci sopra il composto liquido e amalgamare per bene. Aggiungere l’acqua, il succo e la scorza del mezzo limone, le mandorle grattugiate e la noce moscata, mescolando sino ad ottenere un composto omogeneo. Ungere una tortiera, versarci sopra il composto, spolverare coi pinoli tostati, infornare a 160° per i primi 10 minuti, poi aumentare la temperatura del forno sino a 180° e lasciar cuocere altri 20 minuti, circa.

Con questa ricetta voglio partecipare alla raccolta di Cle, “Non rompete le uova!!!”, alla quale partecipa anche Sara.

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Torta Tiramisù.

Questa torta tiramisù è ormai collaudata: la prima volta l’ho preparata in teglie gemelle per il compleanno di Fidanzato e da allora, ogni tanto, la rifaccio per le occasioni speciali.
Visto che per me è difficile trovare la panna 100% vegetale (perchè scrivere ‘vegetale’ sulla confezione di una panna che contiene proteine del latte!?), sono andata alla ricerca di una ricetta per farla in casa. Ne ho vista una curiosissima, col latte di cocco, qui. Non avendo a disposizione il latte di cocco, però, ho ripiegato su una ricetta che ho trovato su VeganBlog.
Il risultato non è male, ma credo che la prossima volta aggiungerò un cucchiaino di zucchero, per toglierle un po’ di acidità. Oppure proverò quella col latte di cocco.

Ingredienti.

Per il Pan di Spagna.

300 g di farina
50 g di fecola di patate
200 g di zucchero di canna
50 g di olio
250 g di latte di soia (usando una miscela metà acqua e metà latte di soia, il dolce viene più soffice)
scorza grattugiata di un limone
1 bustina di lievito per dolci
(4 cucchiai di fecola di patate + 4 cucchiai di acqua)
(1 cucchiaino di bicarbonato di sodio + 1 cucchiaio di aceto di mele)
la punta di 1 cucchiaio di vaniglia in polvere

Per la panna.

800 g di yogurt di soia naturale
2 cucchiaini di agar agar in polvere
3 cucchiai di zucchero a velo

Per la crema ciocco-nocciola.

100 g di nocciole tritate finissime
100 g di cioccolato fondente 70%
2 cucchiaini di zucchero
8 cucchiai di latte di soia

6 tazzine di caffè d’orzo mischiate a 3 tazzine di latte di soia

Procedimento. 

In una terrina mescolare tutti gli ingredienti secchi, compresa la scorza di limone. In un altro recipiente unire l’olio e il latte, mescolando con una frusta in modo da incorporare più aria possibile. Aggiungere poi la miscela di acqua e fecola, continuando a mescolare e, per ultimo, aggiungere l’aceto di mele unito al bicarbonato. Unire il liquido nella terrina degli ingredienti secchi e mescolare bene con la frusta. Versare in una teglia rettangolare, foderata di carta forno e infornare a 180° C per 25/30 minuti.

Il procedimento per fare la panna è descritto nel post di Pepo88 su VeganBlog. Ho lasciato che lo yogurt perdesse il suo siero su un colino a maglie fittissime per tutto il giorno, coperto, in frigo. Il giorno dopo era diventato bello compatto: l’ho unito allo zucchero e all’agar agar, incorporandoli con uno sbattitore elettrico per un paio di minuti.

Per preparare la crema ciocco-nocciola, far sciogliere a bagnomaria il cioccolato, aggiungere le nocciole (potete lasciarne da parte un po’ per guarnire la torta tiramisù) e, pian piano il latte, sino ad ottenere una consistenza cremosa.

Una volta raffreddato, tagliare circa 2/3 del pan di spagna, poi tagliarlo a metà e ricavarne tanti piccoli biscottini di forma rettangolare. Inzupparli nel caffellatte d’orzo e disporli sul fondo del contenitore scelto per ospitare il tiramisù. Terminato il primo strato di pan di spagna, adagiarvi sopra un bello strato di crema ciocco-nocciola e, sopra questa, uno strato di panna. Continuare a stratificare sino a riempire il contenitore. Terminare con una spolverata di cacao in polvere, cioccolato a scaglie e, se sono avanzate, una spolverata di granella di nocciole.

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Biscotti alle mandorle e cocco.

Ho rifatto il latte di mandorla e cocco per colazione. Questa volta sono riuscita ad estrarne di più utilizzando un canovaccio più grande che ho strizzato per bene e l'”okara” che ho ottenuto è rimasta molto più secca, una sorta di farina di mandorle e cocco, così l’ho utilizzata per fare dei biscotti. Per me sono simili agli amaretti e l’ispirazione viene dalla mia bibbia personale in materia di cucina vegan, ossia VeganRiot. Ad un certo punto della ricetta non sapevo quando aggiungere le mandorle e il cocco tritati, così li ho aggiunti alla fine e mi sono messa l’animo in pace. Dal latte avanzano poco più di 170 g di polpa strizzata, li ho messi tutti e il biscotto che è venuto fuori è risultato comunque morbidissimo.

Ingredienti.

150 g di zucchero demerara
130 g di margarina vegetale
20 g di olio di semi
6 cucchiai di latte di mandorle e cocco
1 pizzico di sale
200 g di farina
1/2 cucchiaino di vaniglia in polvere
170 g di mandorle e cocco tritati molto finemente
mandorle sgusciate per la decorazione

Procedimento.

In una ciotola lavorare insieme lo zucchero, la margarina e l’olio. Aggiungere pian piano il latte sino a creare un composto omogeneo.
Incorporare a poco a poco la farina ben setacciata, unire poi il sale, la vaniglia e infine le mandorle e il cocco tritati.
Ne risulterà un impasto difficilmente lavorabile, perciò il consiglio è di foderare una teglia e con l’aiuto di un cucchiaio formare delle palline di impasto da adagiarci sopra. Bisogna distanziarle un po’ perchè in cottura si allargano. Posizionare una mandorla sopra ogni biscotto.
Cuocere nel forno preriscaldato a 180° C per 20 minuti o sino a quando non sono leggermente dorate in superficie. Sfornare e lasciar raffreddare su una gratella. Conservare in un contenitore a chiusura ermetica.

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Estratti preziosi.

Volevo esprimere tutta la mia disapprovazione di queste ultime ore verso Blogger. Ma insomma. E’ possibile che non riusciamo a mettere una pezza sull’annoso problema del captcha combinato a OpenId!? Dai!!!! La maggior parte dei blog che leggo e commento sta su Blogger, se non riesco a lasciare un commentino mi sento male. Ancora peggio. Se scrivo un romanzo e poi non riesco a pubblicarlo, sento che la mia vena commentatrice è stata umiliata e bistrattata, sigh.

Poi mi tocca distogliere l’attenzione dal pc per non prendere a pugni la tastiera e se alzo gli occhi vedo Fidanzato che gioca a GTA facendo le cose più strane, tipo sparare con un kalashnikov dall’ultimo piano di un grattacielo verso il nulla, dopo essere arrivato là con un elicottero. Ehi, aspetta, un elicottero!? Ma questo è un trucco!! Ah, Fidanzato, non cambierai mai, meglio rivolgere l’attenzione nuovamente verso il monitor del mio pc.

Ho finalmente trovato il cardamomo, inaspettatamente. Ed era da un po’ che avevo messo gli occhi su questo, aspettavo solo il momento giusto e questa sera ho cominciato a sperimentare. Va bene, l’estratto di Anice&Cannella non prevede i semini del cardamomo, ma potevo non provare ad inserirli? E che sarà mai, e santo cielo! I risultati si vedranno fra 3 mesi minimo, per il momento, seguendo le istruzioni, agiterò con violenza una volta al giorno e riporrò in luogo fresco e buio. Si può usare in tutte le preparazioni che prevedono l’utilizzo della vanillina o anche della vaniglia in polvere. Col passare dei mesi dovrebbe sparire anche l’odore dell’alcol.

Visto che c’ero ho provato la stessa ricetta per ottenere un estratto di arancia e limone. Il vicino ci ha regalato degli agrumi bio del suo frutteto proprio ieri, era il caso di approfittare di un po’ loro scorza. Il resto la essiccherò con l’essiccatore appena rubato ai suoceri e la polverizzerò per conservarla per i periodi di magra.

Riporto qua le dosi per l’estratto, ma vi consiglio di controllare anche la ricetta linkata perchè parla di tante cose interessanti che si dovrebbero sapere sui baccelli di vaniglia.

Servono

35 g di zucchero
35 g di acqua
60 ml di alcol buongusto 95°
6 baccelli di vaniglia
1 pentolino
1 bottiglietta o un vasetto di vetro a chiusura ermetica
4 baccelli di cardamomo
Si scioglie lo zucchero nell’acqua e si porta ad ebollizione per 3 minuti a fiamma bassa. Si spegne, si mescola e si lascia raffreddare.
Aggiungere l’alcol allo sciroppo e mescolare ben bene. Aprire i baccelli di vaniglia con un coltello affilato, raschiare via i semini e metterli nel barattolino. Aggiungere anche i baccelli che rimangono, spezzettati in più parti. Aprire i baccelli di cardamomo, estrarre i semini e metterli nel barattolino. Coprire con la mistura di alcol e sciroppo, chiudere e agitare per bene. Riporre al buio e al fresco e agitare almeno una volta al giorno per i prossimi tre mesi. Anice&Cannella (d’accordo, Paoletta) consiglia di aggiungere anche eventuali pezzi di vaniglia che nei mesi userete durante le preparazioni.

Per quanto riguarda l’estratto di limone e arancia, il procedimento è uguale, ma ai semini vari ho sostituito la scorza di un’arancia e di un limone, sbucciati evitando di asportare la parte bianca che, credo, lo renderebbe un po’ amarognolo. Ho finalmente potuto riciclare quella bottiglietta dell’olio di cocco che ho conservato con tanta lungimiranza. Mi stupisco della mia previdenza, a volte.
Non mi resta che agitare e aspettare.

… E il vicino degli agrumi bio?

E’ stato ringraziato con un vassoietto di questi.

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Biscotti tipo “Digestive” e programmi di cucina.

Siamo arrivati, alfine, all’Epifania, che tutte le feste si porta via. E’ stato un periodo di sapori complicati e ricchi, ed in casa Herbivor il frigorifero ancora trabocca di cibo pesantuccio da consumare. E’ chiaro che qui qualcuno deve imparare a dire ‘No, grazie’ agli inviti insistenti ‘E dai, portatevi via qualcosa, noi non lo consumiamo, ve lo mangiate a cena…’
Va sempre a finire che porti un dolcino e te ne vai con le braccia piene di buste di plastica blu, le classiche, riempite di avanzi impacchettati con carta stagnola, pellicola trasparente, fazzoletti di carta, contenitori riciclati del gelato e via dicendo. E man mano che passano i giorni il frigo si riempie ancora di più, perchè tu, a cena, non eri a casa ma a racimolare altri avanzi e così via.

In questa casa il cibo avanzato è difficile da smaltire. Tutto il cibo, eccetto i biscotti. Avevo voglia di un sapore semplice e così ho pensato ai digestive e sono andata a cercarmi la lista degli ingredienti, andando un po’ a naso con le proporzioni. Ho anche scoperto che i biscotti digestive sono chiamati così perchè, contenendo del bicarbonato, si pensava che aiutassero la digestione.
Non so se effettivamente aiutino, non credo, ma sicuramente non la appesantiscono più di quanto non potrebbe fare un bombolone crema e cioccolato.

Ingredienti.

200 g di farina 00
80 g di farina integrale di riso
70 g di zucchero di canna
1 cucchiaino di bicarbonato
1 pizzico di sale
90 g di burro di soia
20 g di margarina
40 g di latte di soia

Procedimento.

In una ciotola setacciare insieme le farine, lo zucchero, il sale e il bicarbonato. Aggiungere la margarina a temperatura ambiente e mescolare con le mani, sino ad ottenere un composto bricioloso. Aggiungere il latte e mescolare sino a formare una palla. Coprire con un panno e mettere in frigo per mezz’ora.
Accendere il forno a 180° C. Tirare fuori dal frigo l’impasto, stenderlo fino a raggiungere uno spessore di mezzo centimetro o poco meno, ricavarne dei biscotti tondi di circa 8 cm di diametro, bucherellarli con una forchetta e mettere in forno per 15 minuti o sino a quando non sono dorati a sufficienza. Sfornare e lasciar raffreddare.

Benvenuti nel mondo dei biscotti giganti!

A proposito. Ieri ci è stato gentilmente ceduto un decoder Sky, perciò questa casa è ufficialmente Sky-munita. Io ero contentissima e mi ero già fatta il mio programma “maratona di programmi di cucina: zapping GamberoRosso-Alice-e qualunque altro canale che stesse inquadrando pentolame e utensili di vario tipo inerenti l’arte culinaria”.
Ho scoperto che Sky non è un paese per erbivori. Il Gambero Rosso propina cadaveri a profusione. E’ vero che si può comunque prendere spunto, ma la quantità di alimenti di derivazione animale è impressionante, soprattutto quando si tratta di presentare un piatto unico: pare che una ricetta completa debba per forza contenere proteine animali, anche se è un’insalata. Cosa fai? Non mi aggiungi una grattugiata di parmigiano all’insalata di soncino e indivia da accompagnare al signor pollo? Suvvia!

Signori del Gambero Rosso, non lo potete fare un programma che parli di cucina vegetariana? E dai, io credo che sarebbe apprezzatissimo e seguitissimo. Non scherzo.
Non la trovate una Nigellona vegetariana o vegana a cui potete continuare a inquadrare il décolleté anche quando dovete far vedere come montare a neve le uova e lo zucchero?
Dai, pensateci. E a proposito di Nigella, io credo che sia un po’ fuori.

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